Si aggravano le condizioni economiche del Pakistan. L’inflazione è salita al 13,8% con i prezzi degli alimentari saliti del 17% e quelli dei carburanti del 32% rispetto ad un anno fa. Il Pakistan è grande importatore di grano proveniente da Russia e Ucraina e con i rincari degli ultimi mesi è costretto ad usare sempre più riserve di valuta estera. I dollari a disposizione del paese sono scesi al di sotto dei 10 miliardi, con un calo di 366 milioni solo nell’ultima settimana e il 50% in meno dello scorso agosto. Inoltre da inizio anno la moneta locale ha perso il 10% sul dollaro rendendo più care le importazioni e aumentando le pressioni sui prezzi. La banca centrale è stata costretta ad alzare i tassi fino al 13,7% per arginare la caduta della rupia.

Il governo di Shehbaz Sharif ha deciso di aumentare i prezzi di cibo e tariffe energetiche come condizione per sbloccare una tranche di prestiti da 3 miliardi di dollari forniti da una serie di prestatori tra cui, principalmente, la Cina. Pechino ha avviato una serie di grandi progetti infrastrutturali nel paese ma il finanziamento delle opere rischia di pesare sulle già prostrate finanze pubbliche pakistane, un meccanismo già visto all’opera altrove, soprattutto in Africa. Per ottenere un sostegno economico da un miliardo di dollari (nell’ambito di un programma che ne vale complessivamente 6) dal Fondo monetario internazionale, Islamabad dovrebbe anche varare aumenti delle tasse e taglio della spesa pubblica. Ma il paese non sembra avere molte alternative. Quarantamila aziende del distretto commerciale di Karachi, città in cui risiedono 20 milioni di persone, hanno lanciato oggi un appello segnalando che potrebbero essere costrette a fermare la produzione a causa dei costi energetici elevati.

L’ex primo ministro Imran Khan soffia sul fuoco nel tentativo di tornare in sella. Insieme ai partiti dell’opposizione ha indetto una serie di manifestazioni e proteste contro i rincari. Eppure l’ex capo di governo ha di che rimproverarsi. Salito al potere nel 2018 con un Pil che cresceva del 5,8%, Khan ha lasciato il paese con un’economia stagnante, un’inflazione passata dal 5,1 al 12,7%, disoccupazione in aumento e un debito estero salito da 95 a 130 miliardi di dollari. L’area del Sud Est asiatico è già scossa dal default dello Sri Lanka, paese di 22 milioni di abitanti, un decimo di quelli del Pakistan. L’agenzia di rating statunitense Moody’s ha ridotto da stabile a negativo il suo giudizio sulle prospettive economiche del paese, citando le preoccupazioni per lo stato delle finanze pubbliche e i ritardi nel programma di assistenza del Fmi.

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