Il 2 giugno del 1946 l’Italia tornava in senso proprio alla libertà e alla democrazia: in quel giorno si aprirono i seggi elettorali per due elezioni parallele: da un lato si doveva scegliere, con un referendum istituzionale, quale forma di Stato avrebbe dovuto avere l’Italia nuova: la forma monarchica? o quella repubblicana? E la maggioranza optò, com’è noto, per la Repubblica.

In parallelo si dovevano scegliere i rappresentanti e le rappresentanti per l’Assemblea Costituente, cioè per l’organo che avrebbe avuto il compito di scrivere la nuova Costituzione. Ad aggiungere rilevanza all’evento, c’era anche il fatto che le donne, per la prima volta nella storia d’Italia, potevano partecipare a pieno diritto a delle elezioni politiche.

Sono fatti importanti ed è giustissimo celebrarli. Ma che c’entra la parata dell’esercito con la Repubblica e la Democrazia? Perché dovremmo ritenere che l’esercito riassuma in sé i valori contenuti in queste due strutture politico-costituzionali? Perché la sfilata proprio in via dei “Fori Imperiali”? E perché l’omaggio all’Altare della Patria? Perché ricordare i caduti in guerra in coincidenza con una data storica che non ha nulla di bellico?

La parata militare viene messa al centro dei festeggiamenti del 2 giugno sin dal 1948, in continuità con quanto si faceva prima: nel Regno d’Italia la festa nazionale era la Festa dello Statuto, che si celebrava nella prima domenica di giugno con una parata militare alla quale – nella capitale – partecipava il re; anche in quel caso, peraltro, si dovrebbe notare una notevole incongruenza: si festeggiava la concessione dello Statuto da parte di Carlo Alberto; ma, nel contesto di un fortissimo nazionalismo, l’esibizione di mascolinità bellicista rappresentata dall’esercito poteva avere un senso; non parliamo poi delle celebrazioni ufficiali del fascismo, tutte centrate sull’espressione del suprematismo maschilista e bellicista.

Nell’Italia repubblicana non si è avuta la forza di innovare. È vero che c’è stato un lungo periodo – tra il 1976 e il 2000 – in cui la parata non si è tenuta (oppure si è tenuta saltuariamente). Ma poi è arrivato il presidente Ciampi a rilanciare gli ideali patriottici e nazionalisti e a volere la riorganizzazione della parata militare. Le intenzioni di Ciampi potevano essere buone. Gli effetti sono stati diversi dalle intenzioni. Voleva indebolire la Lega secessionista. E ha finito per sdoganare i simboli e i valori del nazionalismo classico, offrendo alla Lega di Salvini e a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni un lessico e un sistema simbolico rilegittimato.

Per inciso, a Fratelli d’Italia se lo ricordano bene, e gli sono molto grati. Nelle Tesi di Trieste per il movimento dei patrioti. Programma Fratelli d’Italia, del 28 dicembre 2017, si può leggere, infatti: “Abbiamo dovuto attendere l’ingresso di Ciampi al Quirinale per riscoprire e valorizzare i simboli, le cerimonie, i riti laici attraverso i quali si manifesta una comunità nazionale, compresa la rivalutazione di quell’inno (fino a pochi giorni fa ancora ‘provvisorio’) che il nostro Movimento esibisce con orgoglio nella sua denominazione, ma che molti si vergognavano a cantare”.

Torniamo a noi, all’oggi, al 2022. E adesso devo fare outing: sono a favore della Repubblica; sono a favore della Democrazia; sono a favore della Costituzione e del suo art. 11 (“L’Italia ripudia la guerra …”); sono pacifista; e quindi sono convinto che celebrare i valori della Repubblica e della Democrazia con una parata militare sia profondamente sbagliato. E non perché non si debba rispettare l’esercito che è certamente parte integrante della nostra comunità, e ha una funzione difensiva fondamentale; ma l’esercito ha già la sua giornata celebrativa, che è il 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate: e, fra l’altro, in quel caso la data è assai più coerente, giacché si ricorda la vittoria del Regno d’Italia nella Prima Guerra Mondiale. Ma la Repubblica e la Democrazia non si riassumono nell’esercito.

La Repubblica e la Democrazia sono tante altre cose, che dovrebbero essere al centro della Festa: tutti e tutte noi, qualunque cosa facciamo o non facciamo, dovremmo essere protagonisti della Festa. Ecco: una bella sfilata festosa di gente comune, di bambine e bambini, di ragazze e ragazzi, senza armi, tanto più in un periodo come questo, sarebbe una cosa bellissima. Bè, potete dire che sono un sognatore, ma non sono l’unico; e spero che tutte le persone che la pensano come me riescano a far sentire la propria voce (courtesy of John Lennon).

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