Prima del suono dell’ultima campanella, maestri, professori ma anche collaboratori scolastici e impiegati tornano in piazza contro il governo di Mario Draghi e il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi. Uno sciopero che si annuncia molto partecipato, visto il numero dei lavoratori che nei giorni scorsi hanno aderito alle assemblee indette dalle organizzazioni sindacali.

A muovere i docenti è il contenuto del Decreto legislativo 36/22 (in modo particolare l’articolo 44) che mette in campo una nuova forma di reclutamento degli insegnanti e una formazione in servizio obbligatoria, pagata una tantum a solo il 40% dei partecipanti, grazie al taglio dell’organico. Un provvedimento che ha unito tutte le organizzazioni sindacali: dalla Flc Cgil alla Cisl Scuola alla Uil, allo Snals alla Gilda ma anche l’Anief ha deciso di chiamare i suoi aderenti a scendere in piazza. L’appuntamento è nazionale: in piazza Santi Apostoli a Roma, alle 10,30, arriveranno da tutt’Italia anche se non si escludono manifestazioni locali nei principali capoluoghi regionali. I sindacati chiedono di stralciare dal decreto del Governo tutte le disposizioni che invadono il campo della contrattazione regolando la formazione e gli aspetti economici e normativi che riguardano il rapporto di lavoro attraverso il contratto e non per Legge.

A spiegare le ragioni dello sciopero è la segretaria nazionale della Cisl Scuola, Ivana Barbacci: “Vogliamo dire no a interventi fatti per legge su materie come la formazione in servizio e il trattamento economico, di diretto impatto sul rapporto di lavoro e quindi da disciplinare in via negoziale. Si tratta oltretutto di interventi che, al di là della rilevante questione di metodo, appaiono assolutamente non condivisibili nel merito, in quanto trasformano uno strumento importante come la formazione in un elemento divisivo della categoria, finalizzato a elargire benefici non meglio precisati a un numero limitato di insegnanti, utilizzando per questo risorse già insufficienti per soddisfare l’esigenza di una generale rivalutazione delle nostre retribuzioni”.

Non solo. A detta dei sindacati la nuova forma di reclutamento danneggerà soprattutto i precari: “Viene disegnato – sottolinea Barbacci – un sistema di reclutamento nel quale è del tutto assente un riconoscimento del valore all’esperienza di lavoro del personale precario, per il quale non si prevedono opportunità concrete di stabilizzazione, come sarebbe indispensabile anche per dare al sistema un presupposto importante in termini di funzionalità e continuità”.

Nei giorni scorsi migliaia di lavoratori sono tornati a partecipare agli incontri organizzati in modo unitario dai sindacati della scuola per spiegare le motivazioni dello sciopero: “Non è possibile – spiega il presidente dell’Anief Marcello Pacifico – pensare di imporre ore aggiuntive di formazione che invece andrebbero pagate a tutti; come ci opponiamo al mancato rispetto per la libertà d’insegnamento, all’esclusione totale dal progetto di riforma del personale Ata, al rifiuto a stabilizzare i tanti docenti precari che svolgono almeno 24 mesi la professione attraverso quel doppio canale di reclutamento che oltre dieci anni fa fu introdotto in almeno due occasioni con notevole efficacia”.

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