“Molti rimarranno sgomenti per il fatto che un comportamento di questo tipo abbia avuto luogo su questa scala nel cuore del governo. Quello che è successo è andato ben al di sotto degli standard previsti“. Il giudizio del rapporto dell’Alta funzionaria Sue Gray sullo scandalo Partygate a Downing Street che ha coinvolto il premier Boris Johnson e il suo entourage suona come una sentenza sulla testa del capo del governo britannico. Una condanna senza sconti del comportamento dell’establishment britannico, sia a livello politico che di funzionari, ritenuto responsabile di una mentalità diffusa nelle sedi istituzionali che hanno portato, come dimostrano immagini ed email, gravi violazioni delle regole anti Covid proprio mentre tutta Europa era costretta in lockdown. Da Boris Johnson non è potuta arrivare altro che una totale ammissione di responsabilità, ma nessun passo indietro: il premier non si è dimesso.

IL RAPPORTOConsumo “eccessivo” di alcolici, violazioni delle più basilari norme anti Covid e festeggiamenti anche il giorno prima dei funerali del principe Filippo. Il rapporto mette insieme diversi episodi accaduti tra il 2020 e il 2021, nei quali sono state evidenti le violazioni delle restrizioni al momento in vigore nel Paese. “Molti di questi eventi non sarebbero dovuti accadere”, si legge nel rapporto dove si fa anche riferimento al fatto che “alcuni dei funzionari meno esperti ritenevano che la loro partecipazione ad alcuni di questi eventi fosse ammissibile data la presenza di alti dirigenti”. Viene poi ribadita la condanna al bere “eccessivo” di alcolici nelle sedi istituzionali.

Il documento di 37 pagine include nove immagini sui party sotto accusa. Quattro riguardano la festa per il compleanno di Johnson del giugno 2020 alla Cabinet Room, per cui il premier e il Cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, sono stati già multati dalla polizia, e le altre cinque sono quelle relative alla festa di addio del novembre 2020 per l’allora direttore della Comunicazione del governo, l’ex giornalista Lee Cain, a cui ha preso parte il primo ministro senza però essere sanzionato.

Caso che ha fatto aumentare le critiche nei confronti del comportamento dei membri dell’amministrazione è quello relativo al party del 16 aprile 2021, quando si è tenuta una festa serale, alla quale Johnson non ha partecipato, proprio il giorno prima dei funerali del principe Filippo. In quell’occasione “un certo numero di persone si sono raccolte in giardino vicino all’altalena/scivolo di un bambino, danneggiandolo”. L’altalena in questione, precisa Sky News, appartiene al figlio del primo ministro e di Carrie Johnson, Wilfred. “Alcune persone sono rimaste nell’edificio e hanno continuato a bere alcolici fino alle prime ore del mattino“, prosegue il rapporto nel quale si sottolinea che “i registri delle uscite indicano che alcuni se ne sono andati dopo la mezzanotte e altri tra l’1.45 e le 2.45”, mentre l’ultimo ha lasciato l’edificio alle 4.20.

LE SCUSE DI JOHNSON – Come già fatto in passato, Boris Johnson ha offerto le sue scuse ma non ha alcuna intenzione di lasciare la guida del governo. Intervenuto alla Camera dei Comuni dopo la pubblicazione del rapporto, si è assunto la “piena responsabilità” dell’accaduto riconoscendo in toto le conclusioni del report Gray, dicendosi a sua volta “sorpreso e deluso”. A chi lo ha accusato, anche in passato, di aver mentito pubblicamente sulle feste all’interno degli edifici del governo ha risposto di non aver fuorviato consapevolmente il Parlamento in passato. Si è anche giustificato per la sua partecipazione ai party, affermando di aver voluto manifestare la sua vicinanza allo staff di Downing Street che in quel periodo “stava lavorando duramente e per molte ore”. Johnson ha concluso affermando di “aver imparato la lezione” e dicendosi fiducioso rispetto ai cambiamenti fatti e alle nuove strutture introdotte a Downing Street, con l’idea di fondo che ora si deve andare avanti e superare lo scandalo.

L’OPPOSIZIONE – Le opposizioni, però, non ci stanno e tornano nuovamente a chiedere le dimissioni del primo ministro. Come avvenuto in passato, a prendere la parola è stato il leader dei Laburisti, Keir Starmer, dicendo che è arrivata l’ora che Johnson “faccia i bagagli” e si dimetta perché “il gioco è finito”. Starmer, anche lui intervenuto alla Camera dei Comuni, ha aggiunto che non può restare al suo posto chi pretende di fare le leggi e allo stesso tempo le viola.

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