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Elisabetta Franchi a Porta a Porta: “Ho calibrato male le parole”. Ma aggiunge: “Questa gogna mediatica non me la meritavo. Asilo in azienda? Ci ho provato”

L'imprenditrice ha scelto il salotto di Bruno Vespa per replicare alle polemiche delle ultime settimane. E che non accennano a placarsi

di F. Q.

“No, non volevo dire quello, ho calibrato male le parole e provo a rispiegarlo bene: io ho un’azienda prettamente al femminile, l’80% sono donne e quindi, se pensassi questo, non sarei qui ma soprattutto il 54% sono under 40. Io lavoro al fianco di ragazze giovanissime”. Così, l’imprenditrice bolognese della moda, Elisabetta Franchi è tornata a parlare delle sue frasi su maternità e lavoro pronunciate nelle scorse settimane a un convegno: ospite di Porta a Porta nella puntata andata in onda nella serata di giovedì 19 maggio, la stilista ha provato a giustificare quelle dichiarazioni che hanno sollevato un moto d’indignazione e protesta che a due settimane di distanza non accenna a placarsi, anzi ha dato vita al movimento #senzagiridiboa. “Io credo ci sia stato un po’ di fraintendimento – ha proseguito Franchi nel salotto di Bruno Vespa – perché va assolutamente ricontestualizzato in quale contenitore io parlassi: sono stata invitata dalla Pricewaterhouse, e da il Foglio per un incontro dove ero chiamata a testimoniare come mai le donne nella moda non coprissero cariche dirigenziali, non coprissero cariche importanti. Quindi il contesto era quello. Sono stata accusata di essere contro le donne, di non assumere donne mentre l’80% della mia azienda è composto da donne e sono al fianco delle donne e questo lo voglio specificare fino all’ultimo”. In quella occasione, aggiunge Franchi, “mi è stata chiesta una testimonianza leale e vera da imprenditore. Sul palco eravamo tanti esponenti della moda: imprenditori, amministratori delegati, generazioni di famiglie. E politici. La testimonianza che mi era stata chiesta era una testimonianza vera e leale”.

E ancora: “Una donna che si trova in una posizione apicale, in una posizione dirigenziale e decide di fare una famiglia, giustamente, perché io sono per la famiglia, non contro la famiglia però si ritrova poi un problema” visto che “noi sappiamo benissimo che in Italia ci sono 5 mesi di maternità, dove percepisci il tuo compenso al 100%, l’80% lo dà l’Inps il 20% lo dà l’azienda, poi hai 6 mesi di maternità facoltativa”. Insomma molto lontano dai due anni di assenza a cui faceva riferimento nell’intervento pubblico. Quanto all’ipotesi di aprire asili aziendali per agevolare il rapporto maternità e lavoro, “ci ho provato – osserva – però dobbiamo anche ammettere che la burocrazia in Italia ti taglia le ali. Ci vuole welfare, ci vogliono le istituzioni, ci vuole lo Stato, ci vuole il sociale e ci vuole l’impresa perché da sola non ce la puoi fare. Io cinque anni fa ho provato ad aprire un asilo aziendale e non ci sono riuscita – conclude Franchi – e, a quanto pare, non solo io perché gli asili nelle aziende oggi in Italia non credo che se contino tantissimi.

“Io sono molto dalla parte delle donne e questa gogna mediatica non me la meritavo. Io ho un clima sereno nella mia azienda”. Poi, interrogata sulla recente pronuncia del giudice del Lavoro di Bologna, che ha accolto parzialmente un ricorso della Filcams-Cgil contro la sua azienda ‘Betty Blue‘ stabilendo che a inviare contestazioni disciplinari a chi non ha lavorato perché ha aderito a uno sciopero indetto contro gli straordinari è una condotta illegittima e antisindacale, Elisabetta Franchi si è giustificata così: “io ho 300 dipendenti, iscritti ai sindacati 36 dei quali 10 non volevano fare le ore di straordinario comunque dentro alla legge. Io – ha aggiunto – ho diritto a 250 ore di straordinario all’anno. Ho mandato una contestazione di richiamo perché non avevano aderito allo straordinario ma non sapevo che erano in uno stato di agitazione. Quindi – ha concluso l’imprenditrice bolognese – il giudice ha detto che quando c’è lo stato di agitazione lei non può fare la lettera di richiamo. Semplicemente questo”.

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