Ha accoltellato la moglie, uccidendola, e ha ferito la figlia di 27 anni che cercava di proteggerla. È questa la prima ricostruzione di quanto avvenuto in una casa di Rimini, giovedì. L’uomo sospettato dell’omicidio della donna, 46 anni, è un 54enne. La polizia è intervenuta nel pomeriggio in un’abitazione nel quartiere Ina Casa, adiacente al centro cittadino, su segnalazione dei vicini allarmati dalle urla.

L’ultimo femminicidio è avvenuto all’interno di un appartamento di una palazzina di via Dario Campana dove la coppia, di nazionalità peruviana si occupava della manutenzione del cortile interno. L’uomo è stato fermato e portato in questura per essere interrogato, mentre la figlia è stata condotta all’ospedale Infermi dopo essere stata ferita a seguito del suo tentativo di frapporsi tra il padre e la madre e cercare di difendere, invano, la donna deceduta sul colpo.

Il delitto è avvenuto nel primo pomeriggio quando tra i due coniugi è scoppiato un litigio al termine del quale l’uomo avrebbe afferrato un coltello e colpito la moglie con più fendenti. La coppia, stando ai racconti dei vicini, non aveva mai dato problemi e chi li conosceva li ha descritti come “brave persone”. La morte della signora peruviana arriva a meno di un mese dall’uccisione, sempre a Rimini, di Angela Avitabile, 62enne accoltellata dal marito coetaneo e reo confesso. Sull’uomo era stato aperto un fascicolo per maltrattamenti in famiglia quando, lo scorso 28 febbraio, la donna aveva raccontato ai carabinieri le minacce subite dal marito.

Sui fatti di via Dario Campana, si è espressa, a caldo, anche l’associazione ‘Non Una di Meno’ che, nei giorni scorsi, ha riportato le segnalazioni di diverse donne riguardo i comportamenti tenuti dai partecipanti all’Adunata degli Alpini nella città romagnola. “Questa – osserva – è la dimostrazione di come siamo immersi in una cultura patriarcale e di come ci sia bisogno di strumenti per riuscire a distruggere la piramide della violenza. I comportamenti molesti e le violenze sessuali sono alla base di questa piramide, il femminicidio è la cima. Non si può intervenire solo quando il danno è fatto, ma bisogna farlo ragionando in un’ottica sistemica e culturale”.

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