L’Autorità nazionale anticorruzione chiede a governo e Parlamento di rivedere la normativa sul pantouflage, cioè la pratica – vietata in Italia – delle cosiddette porte girevoli per cui i dipendenti pubblici che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per le pubbliche amministrazioni vengono poi assunti dai privati destinatari dei provvedimenti. La norma è contenuta nel decreto legislativo 165 del 2001. L’Italia al contrario è tuttora priva di una normativa che stabilisca limiti analoghi per gli ex parlamentari e membri del governo.

L’Autorità, chiamata a vigilare su questi casi, spiega che la norma sull’applicazione delle sanzioni è estremamente scarna e di difficile applicazione. La disciplina andrebbe rafforzata ed estesa agli enti di diritto privato in controllo pubblico, oltre a inserire una gradualità tra fattispecie diverse: attualmente, infatti, viene applicata automaticamente una sanzione inibitoria come conseguenza della dichiarazione di nullità dell’incarico. L’Autorità invece suggerisce al legislatore un nuovo regime basato su sanzioni pecuniarie e interdittive, via via crescenti a seconda della gravità della situazione. La sanzione del divieto di contrattazione con le pubbliche amministrazioni per tre anni, secondo l’Autorità, appare sproporzionata in certi casi di minore gravità. Occorre invece poter graduare il periodo di interdizione prevedendo una durata minima e una massima.

L’occasione per sollecitare nuovamente il legislatore a intervenire è una delibera con la quale l’Autorità ha archiviato un presunto caso di pantouflage nei confronti di un gruppo svizzero impegnato, fra l’altro, nel trasporto marittimo, anche per i limiti normativi che chiede da tempo di superare. L’Anac non ha comminato la sanzione perché i soggetti che hanno realizzato la condotta hanno dimostrato che non vi era intenzionalità, visto che si trattava di un gruppo internazionale molto ampio e articolato composto da società diverse, operanti in ambiti diversi. Nel caso specifico poi non c’erano contatti della società in questione con la pubblica amministrazione italiana.

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