di Giampaolo Vitali (fonte: lavoce.info)

La Russia vale meno del due per cento del totale delle esportazioni italiane. Le caratteristiche dei settori colpiti aggravano gli effetti del blocco, permettendo però allo stesso tempo di circoscrivere il sostegno alle imprese che ne hanno davvero bisogno.

Quanto pesa il mercato russo per le imprese italiane

L’impatto immediato della guerra in Ucraina è molto negativo per l’economia italiana: oltre al problema della dipendenza energetica, il nostro paese subisce pure l’effetto di minori esportazioni di beni di lusso e di macchinari industriali verso la Russia. In generale, il peso del mercato russo è piuttosto basso, meno del due per cento delle esportazioni totali. Tuttavia, il dato medio nasconde un ampio ventaglio di situazioni: ci sono imprese che esportano nel mercato russo il 90 per cento del fatturato, mostrando una dipendenza esiziale, e ce ne sono altre le cui esportazioni verso la Russia generano meno dell’uno per cento del fatturato. Il governo dovrebbe quindi seguire una politica economica che riduca al minimo gli aiuti generalizzati, preferendo invece quelli diretti alle sole imprese seriamente colpite dal blocco delle esportazioni.

Per fornire alcune evidenze statistiche che sono di sostegno alla necessità di aiuti molto mirati, utilizziamo i risultati di uno studio svolto presso Cnr-IRCrES, che consente di individuare le imprese che esportano di più verso la Russia, il peso di tali esportazioni sull’export e sul fatturato dell’impresa e infine il numero di occupati coinvolti nelle probabili crisi aziendali. Il database è aggiornato al 2019 e mostra che 16mila imprese hanno esportato in Russia. Circa 13.500 sono società di capitali, mentre le altre sono società di persone o ditte individuali.

La prima indicazione aggregata è che i 7,9 miliardi di esportazioni verso la Russia rappresentano solo l’1,6 per cento del totale esportato dall’Italia nel 2019 e le 16mila imprese coinvolte costituiscono circa il tre per cento delle aziende esportatrici italiane. Le dobbiamo sussidiare tutte quante, con un piccolo aiuto pubblico? Assolutamente no.

Quali imprese sostenere

Vediamo nel dettaglio chi potrebbe aver davvero bisogno di sostegno, analizzando le 12.972 società di capitali con almeno un dipendente e il bilancio al 2019. Dalla Tabella 1 si evince che il numero delle imprese seriamente coinvolte nella chiusura del mercato russo è particolarmente basso: solo un centinaio fa dipendere più del 50 per cento del fatturato dalle esportazioni verso la Russia e solo quaranta hanno percentuali di dipendenza maggiori del 75 per cento. È su queste poche imprese che ricadono gli effetti più seri e gravi, con conseguenze economiche e sociali. Ed è qui che è necessario un forte e immediato intervento pubblico di sostegno.

La Tabella 1 mostra anche l’ammontare del fatturato generato da queste imprese: quelle che dipendono dal mercato russo per più del 50 per cento fatturano quasi 300 milioni di euro e hanno quasi 800 dipendenti (e quindi circa un migliaio di occupati, considerando anche gli imprenditori) che saranno coinvolti nell’eventuale fallimento aziendale. Piccoli numeri nel contesto generale, ma numeri molto importanti per i distretti industriali e le famiglie colpite.

Eventualmente si potrebbe fornire un aiuto più limitato anche a quel migliaio di imprese che dipende dalle esportazioni russe per più del dieci per cento, ma meno del 50 per cento del fatturato. Qui gli effetti della guerra hanno un impatto veramente negativo solo se la situazione patrimoniale e finanziaria dell’impresa è già precaria e insostenibile: i bilanci collegati a questo gruppo di aziende possono evidenziare i casi specifici.

Abbigliamento, calzature, mobili e macchinari sono i settori più coinvolti nella chiusura dei mercati russi: le loro caratteristiche distrettuali inducono ad ampliare lo sguardo sulle catene di fornitura locali. Infatti, nei distretti industriali molti imprenditori sono esportatori indiretti – e non vengono perciò rilevati nei database doganali – in quanto sono fornitori dell’impresa esportatrice diretta finale. Ma anche in questo caso potremmo riuscire abbastanza facilmente a individuare chi soffre della chiusura del mercato russo: grazie alle fatture elettroniche disponibili presso l’Agenzia delle entrate si potrebbero individuare gli acquisti nazionali delle 16mila imprese esportartici e poi – a ritroso – verificarne il peso sul fatturato del singolo fornitore.

È quindi possibile indirizzare un aiuto mirato e, pertanto, molto efficiente ed efficace nel contenere i risvolti economico-sociali della nuova crisi economica che il nostro paese si trova ad affrontare.

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