La Russia dovrà essere “più prudente” con le esportazioni di cibo all’stero, “specialmente verso i Paesi ostili”. Lo ha detto il presidente Vladimir Putin citato dalla Tass prefigurando una limitazione all’export. “L’Occidente sta cercando di scaricare i propri errori economici sulla Russia, per risolvere i problemi a spese” di Mosca, ha aggiunto Putin. La Russia è uno dei maggiori produttori di grano al mondo. Insieme all’Ucraina ha una quota del 25% del commercio globale di frumento che vale complessivamente 120 miliardi di dollari (106 miliardi di euro). Il calo delle esportazioni dall’Ucraina (- 15%) è stato solo parzialmente compensato dall’incremento di quelle da Stati Uniti, India, Brasile e Argentina. I paesi che maggiormente dipendono dal grano russo sono la Turchia, l’Egitto e lo Yemen ma le turbolenze sui mercati generano rincari che hanno effetti ovunque. Da inizio anno il prezzo del grano è salito del 65% quello del mais del 32%. “C’è bisogno di mitigare gli effetti esterni negativi per i nostri cittadini: aumentare la produzione e le consegne al mercato interno di alimenti di alta qualità a prezzi accessibili, compresi i prodotti ittici. Questo è il compito chiave di quest’anno”, ha affermato oggi Putin.

Da tempo gli osservatori, memori delle primavere arabe del 2011, mettono in luce quanto questa situazione possa sfociare in tumulti e generare instabilità politica nei paesi più poveri. Russia ed Ucraina sono anche grandi esportatori di semi di girasole. Da qui proviene l’80% del offerta globale dei semi con cui si produce l’olio da cucina a livello globale. Anche in questo caso al di là dell’effettiva carenza di offerta, la guerra in Ucraina e il blocco dei porti del mar Nero, generano onde d’urto a livello globale. Da questi scali, secondo alcune stime si muovono carichi che sfamano 400 milioni di persone in tutto il mondo.

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