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“Titanic”, il sistema liberale di fronte a una scelta: combattere le disuguaglianze o fallire. Il nuovo libro di Vittorio Emanuele Parsi

Un libro che alla luce della crisi ucraina appare quasi profetico. Perché nelle pagine di questo saggio giunto alla seconda edizione, dopo la prima datata 2018, i pericoli di nuovi conflitti sociali, ma anche militari, vengono esplicitati senza giri di parole ben prima della decisione di Vladimir Putin di invadere il Paese. E spiegano anche l'origine dei nazional-populismi che si sono fatti spazio in Usa e Ue
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Quella del sistema liberale è una crisi esplosa nel primo decennio dei Duemila, ma che trova origine molti anni prima, all’inizio degli anni Settanta, e si è acuita dopo la fine della Guerra Fredda, quando si è definitivamente rotto il “patto tra capitale e lavoro” che aveva caratterizzato l’ordine internazionale liberale, favorendo il diffondersi delle disuguaglianze economiche e sociali tra la popolazione mondiale. Alla luce delle cronache odierne, con la guerra in Ucraina combattuta (anche) in nome di un nuovo equilibrio tra potenze mondiali, una crisi economica scoppiata nel 2008 e i movimenti nazional-populisti che hanno invaso le più solide democrazie del mondo, quelle europee e quella americana, Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale (Il Mulino), scritto dal professor Vittorio Emanuele Parsi, direttore dell’Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’università Cattolica di Milano, appare quasi profetico. Perché nelle pagine di questo saggio giunto alla seconda edizione, i pericoli di nuovi conflitti sociali, ma anche militari, vengono esplicitati senza giri di parole ben prima della decisione di Vladimir Putin di attaccare l’Ucraina.

Le bombe e i cannoneggiamenti sulle città ucraine ai quali assistiamo oggi non sono però solo il frutto dei piani imperialisti di un autocrate, ma in parte vanno ricollegati alla direzione sbagliata imboccata proprio dalle democrazie liberali dal secondo Dopoguerra ad oggi. Non si tratta solo della Russia, infatti. “Le pressioni interne che risultano dalle disuguaglianze sempre più gravi generate dall’iperglobalizzazione e l’accelerazione degli avanzamenti tecnologici spingono gli Stati a erigere barriere per proteggersi gli uni dagli altri e ad assumere atteggiamenti aggressivi in politica estera – scrive Parsi nella sua introduzione – Una tendenza che possiamo osservare in tutta la comunità internazionale e soprattutto nel comportamento delle maggiori potenze”.

In questo saggio, il professore si prefigge quindi di offrire al lettore una ricostruzione di questo ‘tradimento’ dell’ordine liberale in favore di un nuovo ordine globale neoliberale venuto meno al patto originario tra potenze e popolazione mondiale, basato su teorie liberali, anche in campo economico, alle quali doveva contrapporsi l’agire dello Stato proprio per arginare gli eccessi del mercato libero, in nome dell’uguaglianza economica e sociale, indispensabile per mantenere l’ordine mondiale. Così non è stato e, in nome dell’ultraliberismo, si è assistito a un’inversione della logica dell’ordine internazionale liberale, con gli Stati che non si sono più preoccupati di proteggere le società dagli eccessi del mercato e dalle minacce provenienti dall’ambiente internazionale, bensì mettersi a protezione dei mercati globali, soprattutto quelli finanziari. Un atteggiamento che ha generato proprio quelle disuguaglianze che il sistema liberale post-bellico si prefiggeva di cancellare, o quantomeno limitare, con l’obiettivo di mantenere la pace sociale e tra potenze mondiali.

Una scelta che, racconta in maniera esaustiva Parsi nei capitoli del suo libro, è alla base delle recenti crisi sociali, economiche e, oggi, anche militari alle quali stiamo assistendo.

Twitter: @GianniRosini

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