Degli ultimi giorni è una scoperta che ha davvero del sensazionale: chi bazzica il web e i social ha infatti appreso che non pochi sono i calabresi a nutrire la più profonda convinzione che il ministro dell’Istruzione sia un dirigente scolastico, il ministro della Sanità un medico, il ministro dell’Ambiente, oggi della Transizione ecologica, un netturbino o un ambientalista, il ministro degli Esteri un diplomatico, il ministro delle Politiche agricole un contadino, il ministro della Cultura il direttore di un museo, il ministro della Difesa un generale delle forze armate e via discorrendo.

Immaginatevi dunque lo sdegno, la riprovazione che i suddetti, carichi di siffatte convinzioni, hanno provato apprendendo che alla guida di Calabria Film Commission è stato nominato nientepopodimeno che uno stilista, tra l’altro conosciuto a livello internazionale ma subito trasformato sui giornali locali in una specie di sartino di periferia. Eh già, perché Anton Giulio Grande, volto noto della moda nazionale, è stato scelto dal governatore calabrese Roberto Occhiuto per guidare l’omologo regionale delle tante Film Commission sparse per l’Italia: e che c’entra, prontamente si sono domandati i calabresi di cui sopra, uno che fa passerelle col mondo del cinema?

Hai visto mai, infatti, che a differenza della stragrande maggioranza dei calabresi, il Grande vanti sedimentati e preziosi contatti col mondo della televisione e del cinema maturati nel corso di quasi tre decadi di onorata carriera nel mondo della moda e dello spettacolo? Hai visto mai, ancora, che lo stesso abbia frequentato per interi decenni lo showbiz e che dello stesso conosca protagonisti, comparse, dinamiche e nomenclatura? Hai visto mai, infine, che possa vantare frequentazioni e amicizie con registi come Franco Zeffirelli e attrici quali Sophia Loren, Claudia Cardinale, Maria Grazia Cucinotta, Isabella Ferrari e Ornella Muti? Non sia mai, perché Anton Giulio Grande resta, agli occhi dei calabresi di cui sopra, il sartino di periferia reo di non vantare alcuna competenza in tema di film, serie e quant’altro.

Basterebbe però guardarsi un po’ intorno per accorgersi che alla guida delle Film Commission (istituzioni un pizzichino meno importanti e decisive dei ministeri) di regioni, tra le altre, come Puglia, Campania e Piemonte siedono, contrariamente a quanto forse credono i detrattori del Grande, personaggi le cui nobili competenze professionali risiedono in ambiti tutt’altro che cinematografici: alla guida della Film Commission pugliese si trova Simonetta Dellomonaco, architetta e project manager, alla guida di quella campana la giornalista Titta Fiore, alla guida di quella piemontese la biotecnologa Beatrice Borgia. Distanze professionali dallo specifico mondo cinematografico che non hanno certo impedito loro, come ad altri, di perseguire obiettivi e conseguire risultati sotto gli occhi di tutti.

Cosa resta dunque delle false convinzioni e delle vuote argomentazioni che hanno negli ultimi giorni animato il dibattito regionale intorno a una delle più illustri figure di cui la Calabria possa attualmente fare sfoggio? Una serie di congetture senza fondatezza alcuna, prontamente scioltesi come neve al sole.

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