“Stiamo già lavorando molto duramente al prossimo pacchetto di sanzioni. Continuiamo a preparare con gli Stati membri il prossimo passo, e al momento stiamo guardando al petrolio, per essere in grado di preparare una graduale eliminazione del petrolio” della Russia. Lo ha detto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, in conferenza stampa a Stoccolma. Alla domanda su una possibile opposizione alle sanzioni sull’energia da parte dell’Ungheria, von der Leyen ha indicato che “finora tutti gli Stati membri sono stati risoluti sulle sanzioni e non c’è alcuna indicazione che non sia così per le prossime”. Nel frattempo si è però saputo oggi che si va verso uno slittamento dell’inizio dell’embargo per l’import di carbone. Il nodo dei contratti in essere è stato, nella riunione tecnica di ieri pomeriggio, uno degli aspetti più sensibili ad essere affrontati. Secondo fonti europee, la proposta di rinviare l’inizio dell’embargo è stata avanzata dalla Germania e avrebbe ottenuto una prima luce verde alla riunione degli ambasciatori dei 27 Paesi membri di questa mattina. L’ok del Coreper al pacchetto di misure è atteso per questa sera.

“Abbiamo visto per molti anni crescere in Europa la dipendenza dal gas e dal petrolio russo. La Russia usa le forniture come leva, come arma. Ora l’Europa ha deciso di mettere fine a questa dipendenza e crediamo che lo farà. Ma servono passi graduali, mettere in campo delle alternative. Gli Usa faranno la loro parte con l’aumento delle forniture di Gnl. Ma questo ci dice anche quanto sia importante accelerare la transizione alle rinnovabili”, ha detto oggi il segretario di Stato Usa Antony Blinken in conferenza stampa al quartier generale della Nato a Bruxelles.

Oggi il Senato statunitense americano ha votato all’unanimità, 100 a 0, due provvedimenti contro la Russia, annunciati a marzo dal presidente americano Joe Biden. Il primo per sospendere le normali relazioni commerciali tra Stati Uniti e Mosca, il secondo per ratificare il divieto sulle importazioni di petrolio, gnl e carbone russi. Il bando scatta però a fine aprile e nel frattempo anche le raffinerie statunitensi continuano a ricevere barili dalla Russia.

Petrolio e carbone sono relativamente facilmente dirottabili verso altri consumatori, Cina in primis. Meno semplice per il gas. Sta di fatto che per ora i flussi di denaro, circa un miliardo di euro al giorno, che i paesi Ue versano a Mosca per l’acquisto di idrocarburi non ha subito variazioni. Secondo calcoli dell’ufficio studi di Bloomberg gli incassi attesi per Mosca nel 2022 dall’export energetico sono di 320 miliardi di dollari, quasi 100 miliardi in più rispetto al 2020 grazie a prezzi di gas, petrolio e carbone in forte aumento. La guerra che amplifica questi movimenti al rialzo sembra in qualche modo ripagarsi da sola. Si spiega anche così il continuo rafforzamento del rublo il cui cambio con il dollaro è ormai tornato su valori precedenti l’inizio delle ostilità in Ucraina. Dopo essere arrivato ad un rapporto un dollaro per oltre 150 rubli, viene oggi convertito 1 a 76.

La Cina, primo importatore al mondo di petrolio e gas russo, gioca una ruolo molto ambiguo in questa partita. Ieri Pechino ha intimato ai suoi tre colossi PetroChina, Cnooc, Sinochem di non indulgere troppo in tentazione nell’acquisto di petrolio russo, venduto a sconto per timori di sanzioni e stigma ed in grado di assicurare larghi profitti. Ma nel frattempo la Cina si prepara a pagare i combustibili fossili russi in yuan (e non più in euro) mentre sarebbero già tutti prenotati i carichi di greggio russo Sokol (prodotto dal giacimento nel pacifico Sakhalin 1 e da cui si ottiene molto gasolio) in partenza il mese prossimo. Finiranno in Cina, India, Giappone e Corea del Sud. Nuova Delhi è ancora più spregiudicata e continua ad aumentare i suoi acquisti da Mosca senza darsi la minima cura di dissimulare i suoi appetiti per gli idrocarburi che l’Europa cerca di rifiutare.

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