Quello delle opere propedeutiche a Darsena Europa nel Porto di Livorno è l’appalto portuale più grande d’Italia: 383 milioni di euro. Grazie alla firma del 23 marzo scorso, questa mole di denaro pubblico arriverà nelle casse di un raggruppamento temporaneo di imprese (Rti) dove spicca la presenza di Fincantieri Infrastructure Opere Marittime spa, figlia del gruppo al 71% della statale Cassa Depositi e Prestiti, accanto all’emanazione italiana del gruppo belga DEME, oltre a SIDRA spa e due società minori: Sales spa e Fincosit srl. Nonostante l’importo sul piatto fosse degno di massima attenzione, la Rti si è presentata da sola alla gara di appalto imbastita dal commissario di nomina governativa Luciano Guerrieri. E l’ha vinta con un minimo ribasso (2,49%). L’assenza di competizione sulla gara, vinta di fatto da una Rti a trazione pubblica su un appalto con soldi pubblici, non ha però colpito il commissario dell’opera, che a ilfattoquotidiano.it commenta: “L’operazione che stiamo facendo è notevolmente complessa. Pertanto non dobbiamo banalizzare”.

Dopo la firma apposta da Guerrieri sul contratto di affidamento, prende quindi avvio un cantiere voluto e coperto soprattutto da Regione Toscana e dal governo che consentirà al Porto di Livorno di avere nel settembre 2027 quasi sette chilometri di nuove dighe e 100 ettari di una nuova discarica – in gergo “vasca di colmata” – dedicata a 15,6 milioni di metri cubi di sedimenti dragati dal fondale dell’area nord dello scalo, per abbassare il suo livello a quota -16 metri e consentire così alle porta container New Panamax di accedere ad un futuro terminal container, ancora solo ipotizzato. Un azzardo spendere così tanti soldi pubblici senza la garanzia dell’investimento privato che tiene in piedi l’operazione? “L’appalto in corso riguarda nella sostanza la realizzazione dei moli foranei, le attività di dragaggio e quelle di gestione dei sedimenti ed è del tutto logico – spiega Guerrieri – che sia attuato con risorse pubbliche. Chiaramente, a breve predisporremo anche la gara per la realizzazione e gestione del terminal container, per la quale dovranno essere individuati uno o più soggetti privati”. La gara sarà basata su uno “studio di fattibilità economica” che al momento non può essere reso pubblico perché, spiega Guerrieri, sarà la base del “bando rivolto alla sua costruzione e gestione”.

In attesa di leggerlo e vedere chi parteciperà – indiscrezioni parlano di un rinnovato interessamento della MSC di Aponte, recentemente entrato come risolutore anche nell’affaire Moby – i 383 milioni di euro di investimento pubblico per Darsena Europa sembrano comunque raccontare una scelta di indirizzo governativo che vede favorire lo scalo di Livorno rispetto ad altri superiori – come Gioia Tauro e Genova – o inferiori – come La Spezia o Vado Ligure – nella classifica della movimentazione merci. Guerrieri non è però d’accordo sull’analisi: “Dopo anni di relativa stabilità e una movimentazione complessiva dei container che non ha mai superato i 10 milioni di TEU, il Sistema Italiano ha fatto registrare nel 2021 un importante incremento dei volumi, arrivando a 11 milioni di TEU – spiega il commissario – L’obiettivo dell’opera è quello di contribuire a realizzare gradualmente una crescita dei volumi di mercato, non certo a scapito di qualche altro porto italiano”. Questo sebbene Guerrieri precisi che “la Darsena Europa è parte integrante di un progetto più ampio che mira a migliorare l’accessibilità marittima e terrestre dello scalo portuale e a potenziare i collegamenti logistici e intermodali favorendo così la penetrazione commerciale in Europa”. Una scommessa in questi tempi segnati dalla coda della pandemia e dalla guerra in Ucraina, con scambi ridotti e noli dei container cresciuti del 400%, con punte dell’800%.

Davanti alla mole dell’investimento pubblico già affidato per lo scalo di Livorno, Luciano Guerrieri spiega di aver sottoscritto un Protocollo d’intesa in prefettura il 21 marzo scorso “per scongiurare i tentativi di inserimento nei lavori da parte di imprese collegate e riconducibili alla criminalità organizzata”. Il protocollo impegna “l’affidatario a denunciare eventuali tentativi di estorsione” oltre a vincolare in tal senso anche “l’aggiudicatore”. Il porto di Livorno infatti da tempo è diventato riferimento della criminalità organizzata per alcuni traffici illegali, come denunciato dagli ultimi rapporti annuali della Dna, fino a divenire il secondo in Italia dopo Gioia Tauro per sequestri di cocaina.

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