La prossima settimana potrebbe arrivare, finalmente, la firma sul decreto che sancisce gli incentivi per l’acquisto di auto elettriche, ibride (plug-in, full e mild) ma anche termiche Euro 6, quelle con le care “vecchie” motorizzazioni benzina e diesel ma di recente omologazione. La cifra stanziata per il 2022 dovrebbe essere di 650 milioni di euro (i bonus saranno compresi tra 2 e 6 mila euro), anche se il piano di incentivi si estenderà, poi, fino al 2024.

L’anticipazione sulla bozza di Dpcm è filtrata dopo un incontro, a Palazzo Chigi, tra il sottosegretario Roberto Garofoli e i rappresentanti di MEF, MISE, del ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile (ex MIT), del ministero della Transizione Ecologica e del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Un incontro che, a quanto pare, dovrebbe aver portato a una quadra tecnici e politici in questione, fermi in un’impasse che, se confermata la firma per mercoledì 6, avrebbe fatto ritardare di almeno una settimana l’entrata in vigore del decreto, atteso già per il 31 marzo.

Anche questa volta gli incentivi dovrebbero essere distribuiti sulle tre fasce di emissioni di CO2 delle auto, quindi 0-20 g/km (le elettriche pure), 21-60 g/km (le ibride plug-in) e 61-135 g/km (le termiche con motori Euro 6). Alla prima fascia di veicoli dovrebbe essere assegnato un bonus fino a 6 mila euro, con rottamazione di un veicolo con motorizzazione di classe inferiore all’Euro 6, altrimenti 4 mila euro, senza. Quanto alle soglie di prezzo di listino per accedere al bonus, le ipotesi fatte finora prevedono 35 mila euro (iva esclusa) per veicoli elettrici e termici (anche se per questi potrebbe scendere a 30 mila), e fino a 45 mila euro (iva esclusa) per quelli ibridi con emissioni di CO2 tra 21-60 g/km.

Secondo quella che dovrebbe essere la proposta da approvare la prossima settimana gli incentivi riguarderanno anche il car sharing e le moto , ma solo con rottamazione, mentre per i veicoli non sarà obbligatoria: a restare fuori probabilmente saranno le flotte aziendali, ipotesi commentata dall’Unrae, che per bocca del direttore generale Andrea Cardinali fa sapere che si tratterebbe di una decisione “inedita” e che “colpisce duramente un comparto che da solo rappresenta il 37,5% degli acquisti”.

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