Aveva raccontato la caduta dei colonnelli in Grecia, la rivoluzione dei garofani in Portogallo, la nascita di Solidarnosc in Polonia. E poi la stagione di Michail Gorbaciov e la Russia a cavallo tra gli anni Ottanta e gli anni Novanta. E’ morto a Roma Franco Venturini, storica firma e uno degli editorialisti più importanti del Corriere della Sera. Aveva 75 anni. A darne notizia è lo stesso giornale con un articolo a firma di Paolo Fallai. Venturini era ricoverato al Policlinico Umberto I, nella Capitale.

Venturini era nato a Venezia il 26 luglio del 1946, figlio di un diplomatico con il quale iniziò a girare il mondo e impara a parlare cinque lingue. Dopo la laurea in Scienze politiche alla Sapienza di Roma, inizia a collaborare con l’edizione romana del Gazzettino, poi passa al Tempo, allora diretto da Gianni Letta, e in breve diventa capo del servizio Esteri. Nel 1986 l’approdo al Corriere come corrispondente da Mosca, da dove racconta gli anni di Gorbaciov, la caduta del Muro di Berlino, la fine della guerra fredda e la nascita della nuova Europa. L’ultimo suo articolo sul Corriere è del 7 marzo scorso, intitolato “Il pericolo più grande”. “Quanto è lontana la terza guerra mondiale dalla guerra in Ucraina?” si chiedeva in quell’articolo. “Con chiarezza – ricorda Fallai nel pezzo sul Corriere – parlava di questa ‘guerra che invade le nostre coscienze, che ci assale con le immagini dei morti e dei profughi, soprattutto dei bambini. Sappiamo che in questa come in quasi tutte le guerre c’è un aggressore e un aggredito, che il colpevole si chiama Vladimir Putin‘. Ricordandoci lucidamente: ‘La Russia che rischia di perdere in Ucraina non va umiliata, va battuta con una pace degna. Sapendo che dovremo comunque affrontare il ritorno della guerra fredda in Europa, e che il costo sarà molto alto anche per noi, non soltanto in termini di spese per la difesa o di più difficili rifornimenti energetici. Ma anche la vecchia guerra fredda aveva le sue regole, e per questo non diventò mai calda’”.

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