“Si immagini una cipolla, con tutti i suoi strati: ecco gli impianti di Zaporizhzhia, come una cipolla, godono di almeno quattro livelli di protezione, dei quali l’ultimo, l’edificio di copertura in calcestruzzo potrebbe resistere all’impatto di un aereo”. Questo è quanto ha spiegato Emilio Santoro, fisico nucleare, ex-direttore responsabile del reattore di ricerca TRIGA RC-1 del Centro Enea Casaccia, invitando a non sollevare eccessivi allarmismi – sotto il profilo della minaccia nucleare – per quel che è successo in Ucraina, dove un incendio è divampato presso il sito degli impianti nucleari di Zaporizhzhia, a seguito di scontri nella zona. “Secondo i rapporti di stampa, l’incendio non ha toccato gli impianti, ma se anche fosse avvenuto, va precisato che gli impianti in questione – VVER 1000 di filiera russa – sono stati pensati con una filosofia di costruzione similare a quella dei reattori occidentali, vale a dire secondo il concetto della Defense In Depth, che prevede che a fronte di un incidente scatterebbero, progressivamente diversi sistemi di sicurezza. Venuto meno uno, entrerebbe in funzione il successivo pensato per contenere le conseguenze del primo problema e così via, fino al livello ultimo che è il rivestimento esterno”.

Quanti impianti nucleari sono presenti in Ucraina?
Bisogna chiarire: quando si parla di centrali nucleare, in realtà di parla di siti, di luoghi dove sono presenti più impianti. Nel caso di specie in Ucraina sono presenti quattro siti con 15 impianti dei quali 6 a Zaporizhzhia.

Che tipologia sono gli impianti in questione?
Sono VVER 1000 di filiera russa con potenza nominale di 1000 megawatt ciascuno (in realtà quella effettiva è leggermente inferiore) che utilizza uranio a basso arricchimento.

C’è qualche somiglianza con gli impianti di Chernobyl’?
Per quel che riguarda i possibili rischi, assolutamente nessuna. Il livello di sicurezza è immensamente superiore e la filosofia di costruzione completamente diversa. Anzi sarebbe il caso di evitare di continuare ad evocare lo spettro di quel disastro, perché si rischia solo di fuorviare. Il VVER è una tipologia di reattore moderato e raffreddato ad acqua e la si potrebbe accostare a quella dei reattori pressurizzati di matrice occidentale. È inserito in un contenitore d’acciaio massiccio e l’edificio di contenimento è in grado di resistere a pressioni di oltre 12 Megapascal, più di 120 atmosfere, se vogliamo utilizzare unità desuete ma per qualcuno forse più familiari. Nulla a che vedere con la fragilità ingegneristica a vari livelli della filiera RBMK, quella cui apparteneva il reattore di Chernobyl’.

Se, come è possibile, i combattimenti dovessero proseguire nella zona di Zaporizhzhia, quali rischi ne potrebbero derivare per gli impianti?
Innanzi tutto, da un punto di vista razionale, colpire volontariamente una centrale nucleare con l’obiettivo di generare un disastro, mi sembrerebbe una strategia suicida alla “muoia Sansone con tutti i Filistei”. È più convincente l’ipotesi che i russi stiano cercando di impadronirsi dei mezzi di produzione di energia ucraini, per mettere il paese in ginocchio. Detto questo, stante a precedenti esperimenti, l’edificio di contenimento degli impianti di Zaporizhzhia dovrebbero reggere anche all’impatto di un aereo di linea, stando anche alle dichiarazioni del CEO di Energoatom, Kotin, rilasciate all’inizio del conflitto. Credo quindi sia improbabile – anche se non vi sono dati a riguardo – che perfino un colpo di artiglieria pesante diretto possa generare un rischio elevato.

Gianmarco Pondrano Altavilla

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