“Anche senza danni fisici (come quelli provocati, per esempio, da missili) una centrale nucleare è molto vulnerabile” perché richiede diversi sistemi di supporto sempre attivi per rimanere funzionante e, con una guerra in corso, è difficile garantirli. Si va dall’elettricità al raffreddamento dell’acqua, fino alla presenza continua di personale qualificato per l’esercizio dell’impianto. Greenpeace International ha pubblicato un’analisi tecnica sui rischi relativi allo stato di sicurezza della centrale nucleare di Zaporizhzhia, nel sud dell’Ucraina, la più grande d’Europa. Qui ci sono sei reattori costruiti tra gli anni Settanta e Novanta (tre dei quali chiusi dall’inizio della guerra) con sei piscine di raffreddamento e centinaia di tonnellate di combustibile nucleare altamente radioattivo. Tutto questo nel Paese che, complessivamente, ospita 15 reattori nucleari commerciali e la centrale nucleare di Chernobyl, con il suo reattore dell’unità 4 distrutto nel 1986.

Greenpeace International: “Potrebbe essere peggio di Fukushima” – Secondo l’analisi di Greenpeace, nello scenario peggiore “in caso di bombardamento accidentale o di un attacco deliberato, le conseguenze potrebbero essere molto gravi, con impatti su vasta scala peggiori del disastro nucleare di Fukushima nel 2011”. Ma non è quello l’unico pericolo. Proprio a causa della vulnerabilità delle centrali nucleari e della loro dipendenza da un complesso sistema di supporto” (oltre che del tempo necessario per portare la centrale a un livello di sicurezza passivo) per l’ong “l’unico modo per ridurre i rischi in modo sostanziale è fermare immediatamente la guerra”. Senza considerare il fatto che in Ucraina (come in altri Paesi) non esistono solo le centrali con reattori attivi, ma anche materiali radioattivi esausti stoccati in luoghi che non hanno gli stessi livelli di protezione delle centrali.

Se l’acqua si riscalda – Anche se a causa di un disastro naturale, Fukushima è un esempio emblematico di ciò che può accadere con una emergenza in corso come la guerra. “L’interruzione dell’elettricità non potrebbe più garantire l’alimentazione delle pompe e la fornitura d’acqua” spiegano i due esperti di Greenpeace, Jan Vande Putte e Shaun Burnie. Se non si riesce a raffreddare, l’acqua nel nocciolo del reattore (e quella nella piscina dove si trova il combustibile esaurito) inizia a riscaldarsi. Anche quando il reattore è spento, c’è un’enorme quantità di calore residuo nel nucleo che richiede un raffreddamento continuo ma, quando è in funzione, il riscaldamento è rapido: l’acqua raggiunge il punto di ebollizione e comincia ad evaporare. A causa dell’esposizione all’aria del combustibile, le reazioni possono essere diverse e tutte estremamente pericolose. Tra l’altro, a Zaporizhzhia, c’è anche una struttura di stoccaggio a secco. Nel 2017, ultimi dati a disposizione, c’erano complessivamente 2.204 tonnellate di combustibile esaurito in deposito presso il sito, 855 tonnellate all’interno delle piscine e 1.349 nel centro di stoccaggio a secco. Con un consumo medio del combustibile, almeno di quello utilizzato negli ultimi 20 anni “paragonabile o forse superiore a quello contenuto nelle piscine di Fukushima Daiichi”.

A rischio tutto il sistema di supporto – Ma il sistema di supporto è fatto anche di centinaia di lavoratori che devono poter raggiungere l’impianto dalle proprie abitazioni, condizione che non si può certo garantire se è in corso una guerra. E si parla di una situazione di routine. Perché proprio Fukushima insegna quali sono le esigenze in caso di emergenza. “Se si verificasse un’interruzione tecnica, per esempio un guasto alla rete elettrica – fa presente Greenpeace International – ci sarebbe bisogno di far arrivare sul posto una grande quantità di attrezzature (anche pesanti, come le gru) e operai specializzati”. Con un conflitto in corso, non si può escludere l’eventualità che una centrale venga isolata dalla rete per un periodo di tempo più lungo e, allo stesso tempo, non si può garantire che i generatori di emergenza abbiano una fornitura di carburante sufficiente fino a che non venga ristabilita la connessione alla rete. Tra l’altro, ci sono problemi irrisolti con i generatori diesel di emergenza della centrale, che hanno una scorta di carburante per soli sette giorni. In pratica, la guerra non solo potrebbe essere la causa scatenante di una emergenza, ma anche il motivo che impedisce di limitare i danni ed evitare che avvenga l’irreparabile.

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