di Sara Albiani*

A quasi due anni dall’inizio della pandemia Covid-19, permane una enorme disuguaglianza nell’accesso ai vaccini tra i paesi ad alto e basso reddito. Ad oggi, nei paesi più ricchi il 78% della popolazione ha ricevuto un ciclo completo di vaccinazione, nei paesi più poveri meno dell’8%. Calcolando le morti in eccesso rispetto allo stesso periodo pre-pandemico, secondo l’Economist, in Africa potrebbero essere morte più di 2 milioni e mezzo di persone e non solo 247.000 come dicono le stime ufficiali, che sottostimano l’impatto del Covid nel continente poiché si basano su dati inviati da sistemi sanitari fragili, dove scarseggiano tamponi, laboratori e sistemi di raccolta.

Una questione di salute pubblica globale

È chiaro dunque che una popolazione fortemente colpita dalla pandemia non ha accesso al vaccino, strumento fondamentale per prevenire la malattia grave e il contagio. L’esclusione dei paesi più poveri non è solo questione di ingiustizia o iniqua distribuzione, ma proprio di salute pubblica globale.

Al di là di quello che alcuni leader politici vorrebbero farci credere, la pandemia non è ancora finita: il virus Sars-Cov-2 continua a circolare in tutto il mondo e potrebbe dare luogo a mutazioni più aggressive e più contagiose, in grado di ridurre l’efficacia dei vaccini disponibili. Per questo comunità scientifica e decisori politici considerano, almeno a parole, essenziale vaccinare il maggior numero di persone. Solo così si potranno salvare migliaia di vite e mettere al sicuro i paesi più vaccinati.

Gli interessi dietro alla scarsità di dosi nel mondo

Cosa è stato fatto finora per colmare questa vera e propria apartheid vaccinale? Due cose per lo più: promuovere il meccanismo delle donazioni di dosi; fare appello alla volontà delle case farmaceutiche per la condivisione con altre aziende dei paesi a medio e basso reddito della tecnologia e del know-how perché possano produrre da sé i vaccini. Ma a due anni dall’inizio della pandemia, la disuguaglianza di accesso è ancora abissale, perché le strategie adottate finora non agiscono sulla causa profonda del problema, vale a dire il sistema monopolistico che consente alle case farmaceutiche di detenere brevetti esclusivi e non condividere tecnologia e know-how con altre aziende, nonostante la ricerca sia stata massicciamente finanziata con fondi pubblici.

A fine febbraio in Europa sono state gettate 55 milioni di dosi, ma all’Africa ne sono andate appena 30 milioni nel 2022

A causa di questo monopolio le dosi disponibili sono poche per soddisfare la domanda globale, e quelle poche se le sono accaparrate i migliori offerenti, in quantità anche superiore al loro reale fabbisogno. Al punto che a fine febbraio 55 milioni di dosi sono scadute nei magazzini dei paesi dell’Unione Europea, a fronte di appena 30 milioni donate all’Africa dall’inizio dell’anno. Il monopolio consente poi alle aziende di fissare il prezzo che rimane il più delle volte proibitivo per i paesi più poveri o per le iniziative internazionali come Covax. Non solo, le aziende farmaceutiche preferiscono vendere ai paesi che sono in grado di pagare prezzi più alti, rendendo così fragili tutti noi, perché con un virus così contagioso nessuno è al sicuro se non lo siamo tutti.

Così l’avvio della produzione in Africa arriverà tardi

Pochi giorni fa l’Oms ha annunciato che con undici paesi – tra cui sei in Africa – sarà condivisa la tecnologia per produrre vaccini mRNA contro il Covid-19, attraverso l’Hub per il trasferimento tecnologico in Sud Africa dell’Oms. Ciò è stato possibile non tanto per un cambio di rotta del pugno di aziende farmaceutiche che detengono i brevetti dei vaccini in commercio, ma perché Afrigen Biologics and Vaccines, un’azienda di biotecnologie di Cape Town, è riuscita a realizzare un prototipo completo di un vaccino mRNA partendo dalle informazioni pubbliche relative al vaccino prodotto da Moderna. Si tratta di un primo passo verso lo sviluppo di un processo di produzione su larga scala, che però sarà possibile in tempi brevi solo se Moderna – contrariamente a quanto fatto finora – condividerà la tecnologia e offrirà assistenza tecnica all’hub.

Senza un trasferimento completo e trasparente dei diritti di proprietà intellettuale, di know-how e di tecnologie a mRNA già approvate, i tempi saranno lunghissimi, ben oltre il protrarsi della pandemia. Si rischia, inoltre, l’esclusione di alcune aziende da questo meccanismo e che sorgano contenziosi sui brevetti detenuti da Moderna.

L’unica strada per battere davvero la pandemia è la sospensione dei brevetti

Per invertire la rotta, il governo italiano e i governi europei devono agire sulle cause strutturali di questa profonda disuguaglianza. Come Oxfam, chiediamo da tempo di smettere di sabotare l’adozione del meccanismo di sospensione temporanea dei brevetti previsto dal trattato istitutivo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e sostenere le iniziative volte alla condivisione dei dati, del know-how e della tecnologia necessari alla produzione dei vaccini, spingendo per l’adozione di tutti gli strumenti legali e politici per renderle obbligatorie. Solo così il vaccino non sarà più per pochi.

*policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia

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