Le norme approvate in Parlamento la scorsa estate sono servite a poco e sono state facilmente aggirate da postille che rimettevano le chiavi delle Rsa saldamente nelle mani dei direttori sanitari. E così, al di là dei proclami e dei giri di parole, le strutture che ospitano gli anziani non autosufficienti, le Residenze Sanitarie Assistite, sono chiuse al pubblico da due anni pieni. Tranne rarissime eccezioni che hanno riguardato per lo più i casi di moribondi (e neanche tutti), le riaperture, nei periodi in cui ci sono state, hanno riguardato solo alcuni spazi delle Rsa come i giardini o gli ingressi che sono stati trasformati in parlatori per le visite parentali. Mentre i saloni dove un tempo entravano e uscivano volontari, nipoti, figli, fratelli, medici, funzionari, fattorini e visitatori di ogni genere e tipo, si sono svuotati lasciando posto all’attesa e alla solitudine, mentre l’età e i malanni hanno fatto ferocemente il loro corso.

Lo sa bene Lisa Noja (Italia Viva) che nel corso delle dichiarazioni di voto sul dl Covid a proposito delle regole di accesso alle Rsa ha ammesso che “purtroppo abbiamo dovuto modificare tante volte quelle norme perché quello che era previsto non si traduceva in un cambiamento concreto della situazione vissuta dagli ospiti di tante strutture. Nonostante quelle parole ancora oggi tanti cittadini e cittadine ospitati nelle Rsa non possono vedere i loro familiari per ragioni non giustificabili”. E così è stato fatto ancora nei giorni scorsi con un emendamento “per sancire proprio questo, che l’esercizio del diritto alla visita deve essere invece continuativo perché è un diritto umano fondamentale. Mi auguro questa sia davvero l’ultima volta in cui dovremo intervenire e che finalmente le parole scritte su questo tema siano efficaci”, ha concluso.

Nel dubbio tra i parenti c’è ancora chi non si arrende e non abbassa la guardia. È il caso del Comitato Orsan (Open Rsa now), che ha indetto uno “sciopero delle rette” con sospensione dei pagamenti automatici e lo stop al saldo di aprile per le Rsa che non abbiano ripristinato le visite ai parenti. “Chiediamo a tutti i familiari degli ospiti delle Rsa, Rsd e tutte le comunità, oggi blindate, di sganciare a tempo indeterminato i nostri Rid e non pagare la retta di aprile. E se necessario anche quella di maggio e giugno fino a quando le Rsa capiranno che i nostri cari sono loro clienti e non detenuti in attesa di giudizio, che peraltro non arriva mai”, ha dichiarato nei giorni scorsi il presidente di Orsan, Dario Francolino.

Secondo il patron di Orsan è “arrivato il momento di unire di nuovo le nostre forze e lavorare come fossimo una persona sola. Tutti. Dobbiamo contarci e come piccoli pezzi di Lego costruire il percorso di riapertura richiamando alle loro responsabilità i vertici delle Rsa italiane, i direttori generali e quelli sanitari. Vogliamo incontrarli e lavorare per vere riaperture“. La scadenza è il prossimo 19 marzo, festa del papà. “Facciamolo e basta subito, stasera, domani mattina, al più presto. Se volete aiutare i vostri cari dobbiamo dimostrare quanto uniti siamo forti. Le Rsa italiane fatturano oltre 12 miliardi l’anno. Credetemi se si saltano due mesi di retta, riescono a sopravvivere. Poi dipenderà da loro. Noi vogliamo solo incontrarli e chiedergli quando riapriranno bene come prima. Insieme contiamo di più”.

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