Luca De Meo, l’ex “Marchionne boy” diventato “le magicien”, cioè il manager con la bacchetta magica che riporta in utile le aziende dove arriva. L’avevo fatto con Seat, uno dei marchi del colosso tedesco Volkswagen, e si è ripetuto con il gruppo Renault dove ha cominciato l’1 luglio del 2020. Nonostante vendite in flessione del 4,5% (2.696.401 veicoli immatricolati), i ricavi sono cresciuti del 6,3% a quota 46,2 miliardi di euro, comunque il 16,8% a rispetto al 2019. I risultati sono andati oltre le attese degli analisti perché l’utile operativo è attivo: 1,4 miliardi, mentre nel 2020 era stato contabilizzato un “rosso” di 2 miliardi. L’utile netto ha sfiorato il miliardo, contro gli 8 miliardi di perdita dell’esercizio precedente. “Il gruppo Renault ha ampiamente superato i suoi obiettivi finanziari per il 2021, nonostante l’impatto della penuria di semiconduttori e l’aumento dei prezzi delle materie prime”, ha sintetizzato De Meo.

La validità dei numeri ufficializzati oggi era in qualche modo stata anticipata nei giorni scorsi dalla giuria di giornalisti economici e industriali della Francia che aveva assegnato al manager italiano il titolo di “uomo dell’anno per il 2021”.

Dopo l’arresto e il successivo siluramento di Carlos Ghosn, che nei gironi scorsi ha attaccato il manager italiano contestandogli le troppe parole e gli ancora pochi fatti, e la parentesi di Thierry Bollorè, De Meo si è trovato a dover riorganizzare un gruppo che aveva rifiutato la fusione con FCA.

Un anno fa aveva lanciato il piano Renaulution puntando sul valore anziché sui volumi. Il mercato gli ha dato una mano, perché l’abbassamento di produzione e vendite collegato a pandemia e carenza di semiconduttori è stato assorbito senza contraccolpi. Anzi, il risparmio di 2 miliardi di costi fissi è stato contabilizzato un anno prima di quanto stimato. La riduzione del punto di pareggio del 40% è stata ottenuta addirittura con due anni di anticipo.

Il margine operativo era stato pronosticato attorno al 2,8% ed è arrivato al 3,6% e pari a 1,7 miliardi, 2 in più rispetto al 2020 quando era in negativo (-337 milioni) e sempre 1 in meno rispetto al 2019, l’ultimo anno senza effetti straordinari. È un buon risultato per il gruppo Renault, ma ancora poco invidiabile nel comparto automotive. Per l’esercizio appena cominciato l’obiettivo è del 4%. La società parla di una “efficacia della politica commerciale della Renaulution” destinata a proseguire anche nel 2022, con un “effetto prezzi a + 5,7 punti nell’anno”.

Nei dati di gruppo compare il contributo di 380 milioni di euro di Nissan, ma non dei singoli marchi. Avtovaz, controllata dalla Lada Holding di cui Renault possiede quasi il 68% (il resto è in mano alla società pubblica russa Rostec), ha fatturato 2,85 miliardi (+10,4%) con un margine operativo di 247 milioni, 106 in più rispetto al 2020.

Nella strategia di De Meo e del gruppo, come ha confermato recentemente anche Dacia che considera il GPL la tecnologia attualmente più accessibile per permettere agli automobilisti di viaggiare in maniera sostenibile, si profila una chiara demarcazione geografica in base al tasso di innovazione. “Il Gruppo Renault sta studiando l’opportunità di riunire le sue attività e tecnologie 100% elettriche in un’entità ad hoc in Francia”, si legge in una nota. Per quanto riguarda trasmissioni e motori termici e ibridi la società immagina invece una entità fuori dalla Francia.

Insomma: le operazioni più “ecologiche”, più prestigiose, con più margini e destinate a mantenere se non addirittura creare occupazione restano nel paese, dove lo Stato, che è azionista con quasi il 20%, ha anche garantito il prestito da 4 miliardi erogato da un gruppo di banche e del quale verrà restituito un miliardo in più rispetto a quello già previsto, in anticipo sulla scadenza (l’intera somma verrà restituita entro il 2023). Un termine di paragone importante da considerare quando si valutano Stellantis e i “pesi” di PSA, a sua volta partecipata dallo stato francese, e FCA e le ricadute a livello nazionale.

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