Arrivano le polizze obbligatorie per medici, infermieri, ospedali e cliniche. Ma manca un meccanismo di indennizzo automatico ed immediato attraverso un fondo pubblico per il paziente danneggiato. E questo a prescindere dalla colpa del personale sanitario. Con il risultato che i tempi per il risarcimento resteranno lunghi perché legati a quelli del contenzioso. In compenso, a cinque anni dalla legge Gelli, la Conferenza Stato-Regioni ha finalmente approvato il regolamento attuativo che fissa i requisiti minimi per le coperture assicurative. Ora deve esprimersi il Consiglio di Stato. E’ un passaggio importante se si pensa che, secondo l’Anaao Assomed, il sindacato che rappresenta i medici dirigenti pubblici, il provvedimento consentirà di coprire i rischi relativi a circa un migliaio di cause l’anno per un controvalore vicino a 80 milioni di euro, pari a una richiesta risarcitoria media da 80mila euro. Il tutto coinvolgendo 200 aziende ospedaliere, circa 60mila liberi professionisti, oltre 100mila medici del settore pubblico e circa 25mila professionisti, oltre a tutto il sistema delle cliniche private. “Finalmente arriva a compimento un provvedimento importante, anche se si poteva fare di più – spiega Costantino Troise, presidente nazionale Anaao Assomed – La legge infatti lascia un grande buco: manca l’indennizzo automatico del danneggiato senza che si individui il responsabile. Manca cioè un fondo che si occupi innanzitutto di garantire nell’immediato i cittadini come ad esempio esiste in Francia o in altri Paesi dell’Unione con il meccanismo no fault”.

Entra, dunque, nella fase operativa il dettato della legge 24/2017, nota appunto come legge Gelli, che si basa su tre grandi principi. Il primo è che le strutture sono responsabili di eventuali eventi avversi che possono accadere al paziente sia dovuti ad errori medici sia ad effetti indesiderati o imprevisti nelle terapie. Di conseguenza, si sancisce che la struttura ha nei confronti del paziente un obbligo di tipo contrattuale che si esaurisce in dieci anni. Il secondo è che, in caso di colpa grave del personale, la struttura può rivalersi sul medico o sull’infermiere che, per evitare di essere esposto, a sua volta, deve coperto da un’assicurazione. “Questo però poiché è un obbligo senza sanzione, è largamente disatteso, soprattutto al Sud”, spiega Troise. Il terzo è che l’eventuale danno si configura come una responsabilità extracontrattuale e che quindi si prescrive in cinque anni. A seguito poi del confronto con le Regioni, che gestiscono i fondi della sanità e le aziende ospedaliere, si è arrivati così ad identificare un massimale di copertura assicurativa: da un milione per sinistro per i laboratori a 5 milioni per gli enti che svolgono le attività più a rischio come ortopedica, chirurgica, anestesiologica e ginecologia. Per i liberi professionisti il massimale si attesta invece fra un milione e due milioni. “Inoltre la stessa legge Gelli ha fissato il massimale della responsabilità economica del medico in tre anni di stipendi – conclude Troise – Questa questione è particolarmente sentita dai medici. Anche perché accade che si fanno o non si fanno delle attività a seconda del rischio che si corre di contenziosi legali con prestazioni fatte in assenza di necessità oppure di interventi non fatti nonostante la necessità. Con la legge Gelli, il medico è stato svincolato dalla spada di Damocle del risarcimento che al massimo potrà essere pari a tre annualità. La previsione tranquillizza in un certo senso il professionista grazie anche alla copertura assicurativa della struttura sanitaria”.

A questo punto, toccherà alle compagnie assicurative sfornare prodotti adeguati alle esigenze del sistema sanitario. L’Ania, l’associazione che rappresenta i gruppi assicurativi, sta studiando la questione che è particolarmente delicata: nel settore sanitario il tasso di sinistri e i costi sono infatti estremamente alti. Secondo l’ultimo report Medmal di Marsh, la spesa media annua per le strutture pubbliche supera i 3 milioni. Ma, stando ai numeri, il gioco vale certamente la candela: “Nel 2020 i premi per il totale del comparto hanno raggiunto 604 milioni di euro e sono aumentati del 4,4% rispetto all’anno precedente – spiega l’Ania nel capitolo dedicato alla RC sanitaria contenuto nel rapporto sull’Assicurazione italiana 2020-2021 -. Il volume dei premi delle strutture sanitarie pubbliche, pari a 241 milioni, è risultato in aumento del 4,2% rispetto al 2019; anche quello relativo alle strutture sanitarie private, con un volume di quasi 128 milioni, è risultato per il quinto anno consecutivo in crescita (+10,4%), così come i premi relativi alla copertura del personale sanitario, pari a circa 235 milioni, hanno registrato un incremento dell’1,5%”.

Intanto però resta aperto un altro fronte caldo. E cioè il profilo penale che fa il suo corso nel momento in cui scatta una denuncia. “Nessuna legge riesce a mettere al riparo il medico da un cortocircuito tra una denuncia che finisce per trasformarlo, prima ancora che ci sia un processo, da indagato a imputato e a volte anche in condannato – conclude -. E che lo punisce prima ancora che ci sia la sentenza sul piano della reputazione. Nel 90% dei casi i medici vengono assolti sotto il profilo penale, ma ormai il danno è fatto”.

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