Tutti a parlare di Checco Zalone a Sanremo che fa ironia dissacrante su trans, gender, LGBTQ e di virologi, ma il vero colpo di genio della serata è stata la sua magistrale interpretazione del trapper della periferia milanese RAGADI, parodia di tutto quel genere di artisti di successo, cantori del disagio giovanile che consiste principalmente in questo: sentirsi POCO RICCHI.

Artisti che cantano del loro travagliato passato di generazione perduta che ne ha passate di tutti i colori, che giocava con la Playsation 2 sognando di avere la 3, ragazzi che si dovevano accontentare dell’iPhone 5 mentre altri avevano il 5s e costretti a comprare vestiti da Zara invece che da Prada, non so se capite la portata di queste sofferenze.

Per fortuna adesso possono cantare che ce l’hanno fatta e finalmente possono attraccare col caicco, dare la mancia allo sceicco e dare i croccantini di Cracco al cane (Bracco) e aiutare i genitori a pagarsi i loro sfizi (botulino e escort di lusso), potersi permettere domestici filippini (mica solo uno) o acquistare trilocali nel bosco verticale vista Duomo.

RAGADI è uno di quelli che “ce l’ha fatta” (perché sono questi i valori di chi, dopo una vita di sacrifici percepiti, ce la fa) e dedica la sua canzone a tutti i “poco ricchi” del mondo, alle aliquote al 20, ai bonus 110%, a quelli che pagano le rate dell’auto che gli serve per andare a lavorare, ai resilienti del ceto medio che ogni giorno vivono il dramma di sentirsi “poco ricchi” perché continuamente discriminati dallo storytelling dei veri ricchi che ogni giorno li fa sentire povery senza esserlo affatto, ovvero “poco ricchi”.

Sarà possibile per queste persone liberarsi da questo fardello?
Per questa massa rumorosa che ogni giorno incontriamo sia on che off line, la soluzione c’è ed è alla portata di tutti: basta semplicemente iniziare ad ammettere una volta per tutte di essere “poco ricchi”, accettare il proprio benessere e smettere di soffrire di questo, ma ovviamente non accadrà mai. I “poco ricchi” nella loro sconfitta quotidiana continueranno a sognare di diventare come RAGADI e volere di più, di più, di più, sempre di più.

Non resta che augurare “Buon PNRR” a tutti e tanta resilienza, possibilmente con l’autotune. Il benessere non percepito è una criticità molto sottostimata.
Grazie Checco Zalone.

Ecco il testo della canzone:

Che ne sai di me?
Della mia Playstation 2 quando già c’era la 3?
Che ne sai di me?
Delle gioie mie represse del mio iPhone 5 senza la s
Quando cammini per strada
Vedi l’insegna di Prada
Ma senti una voce amara
Che ti dice Zara
Quando nell’autosalone
Scusi un’informazione?
Quel Porche nero c’è anche a chilometro zero?
Quando ti senti prigioniero nel tuo quartiere galera
Perché vivi a tre chilometri da Brera
E lì la sera
Guardavo la ringhiera
Stavolta m’impicco
Ahhh..
(Senti dolore?) No…
Sento ancora il dolore di quando ero
Poco ricco
Sai ci penso quando attracco con il mio caicco
Mamma mia com’ero poco ricco
Quando scendo do la mancia allo sceicco
Minchia zio com’ero poco ricco
Quando compro i croccanti del mio cane bracco
(Da chi li hai comprati?)
Da Cracco
Uno glielo scrocco
Per rispetto di mia madre
Devastata dopo yoga alla mattina
Dentro casa una sola filippina
Dolce botulina
Adesso ne hai 44 in fila
Col resto di due e il permesso a Manila
E ricordo mio padre con le puttane in viale Monza
Quelle a 20 euro, basse, con la panza
Adesso ho un padre eccezionale
Va a puttane dentro il Bosco Verticale
E lì ci ho preso un trilocale
Ci vado a meditare
E dal terrazzo dietro corso Como guardo il Duomo
Lo compro io
Si può sfrattare dio?
E lì il morale cade a picco
Ahhh..
(Dolore?) No, no, no, no, no
Il cash non mi ha cambiato
Sono ancora
Poco ricco
Poco ricco
Poco ricco
E c’ho le ragadi
È dedicata a voi
A tutti i poco ricchi del mondo
Alle aliquote al 20
Ai bonus facciata lissù
A quelli che con una macchina indietro pago la maxi rata
Ai conduttori di programmi serali che fanno le televendite
Buon Pnrr a tutti, ciao
Ragadiii

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