A tre giorni della rielezione di Sergio Mattarella alla presidenza della Repubblica, il centrodestra sembra evaporato. I rapporti sono gelidi e i singoli partiti viaggiano in ordine sparso. Segno che per ricostruire qualcosa sulle macerie lasciate dalle votazioni per il Quirinale ci vorrà molto tempo. Di tempo però ce n’è poco dato che in primavera molte città importanti andranno al voto e si devono scegliere i candidati. Palermo, Parma, Piacenza, Genova, L’Aquila, Como, Lucca, Padova, Verona sono solo alcuni dei capoluoghi alle urne. Già in Liguria, per esempio, traballa la giunta di Giovanni Toti sotto i colpi delle parole di Edoardo Rixi: “Toti è stato scorretto, ora valuteremo tutte le alleanze”, dice il leghista riferendosi al Colle ma anche a un presunto incontro del governatore con Claudio Burlando. “La giunta ligure non è a rischio, ma Toti non è superman”, aggiunge Salvini, alludendo però alle troppe deleghe del governatore. Questo per dire il clima.

La Lega, che oggi ha riunito il consiglio federale, sembra ancora frastornata. Con Salvini che si muove in maniera schizofrenica come nelle giornate del Quirinale. “La Lega è compatta e il centrodestra si ricostruisce. Lavoro per unire e andare oltre”, ha detto l’ex ministro, che però solo il giorno prima aveva proposto una federazione di centrodestra sul modello del partito repubblicano Usa “rivolta inizialmente alle forze che sostengono la maggioranza”. Quindi Forza Italia e Lega, escludendo ancora una volta Giorgia Meloni. “Meglio prima leccarsi le ferite e lasciar passare un po’ di tempo…”, gli ha risposto Ignazio La Russa. E a poco sembra servito l’incontro con Silvio Berlusconi appena uscito dal San Raffaele. “Partito unico? Ma te l’ho proposto io mesi fa e mi hai riso in faccia…”, la risposta dell’ex Cavaliere.

Salvini ha poi da pensare ai problemi interni. Dai territori sale la protesta per com’è stata condotta la trattativa sul Colle: i capataz del Veneto fedeli a Luca Zaia ribollono e il malcontento arriva fino al Piemonte. Ma anche in Lombardia, la regione più fedele a Salvini, si storce il naso. “Giorgetti per ora non farà nulla e starà al governo, ma ormai s’è capito che lui lavora per sostituire Salvini con un altro segretario”, racconta una fonte bene addentro alle vicende lombarde. Il nome potrebbe essere quello di Massimiliano Fedriga, chissà. “Prima o poi bisognerà riprendere i congressi locali e arrivare anche a quello nazionale. E lì vedremo ne vedremo delle belle…” continua la fonte interna.

L’idea del partito repubblicano, intanto, serve a Salvini per frenare la nascita di una federazione centrista cui, dopo il Colle, guardano i cespugli presenti in Parlamento, ma pure alcuni pezzi di Forza Italia (tutta l’ala ministeriale di Gelmini, Brunetta e Carfagna ma pure altri) e qualcuno fin dentro la Lega. Il partito di Berlusconi è davanti a un bivio: perseguire l’intesa con Salvini, con cui condivide l’esperienza del governo Draghi, e tanti saluti alla Meloni, oppure abbandonare il Carroccio al suo destino ostracizzandolo a destra per puntare le sue fiches sull’operazione “grande centro” con Casini, Toti, Lupi, Cesa, Renzi e Calenda? Questo sarà il dilemma su cui i maggiorenti azzurri si lambiccheranno nei prossimi mesi. E la freddezza con cui l’ex Cav ha accolto Salvini suggerisce che forse per un po’ di tempo i berlusconiani terranno i piedi in due scarpe: continuare a tessere la tela centrista senza rompere con la Lega.

Infine, c’è Fratelli d’Italia. La posizione del partito di Giorgia Meloni è la più limpida: opposizione ancor più netta al governo Draghi andando a punzecchiare proprio gli (ex) alleati, con l’obiettivo di incamerare più consensi possibile a scapito del Carroccio. Sarà questa la vendetta di Meloni per quello che lei reputa a tutti gli effetti “un tradimento” da parte di Salvini per come si è conclusa la partita quirinalizia. Anzi, “l’ennesimo tradimento”. “Il problema è che lei di Matteo non si fida più. Poi l’alleanza nel medio termine riprenderà perché nessuno dei due può fare a meno dell’altro, ma sarà un rapporto di convenienza. D’altronde non è la prima volta che Salvini strappa: lui sta al governo e noi all’opposizione…”, ragiona un senatore meloniano. Insomma, la giravolta su Mattarella (rivendicata anche oggi dal leader leghista) è solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo. Per averne conferma basta leggere l’editoriale di Alessandro Sallusti. “Il centrodestra così come lo abbiamo conosciuto non esiste più, è morto domenica 4 marzo 2018 quando il risultato delle elezioni ha sentenziato la fine della leadership di Berlusconi”, scrive il direttore di Libero. “Per 4 anni abbiamo fatto finta che così non fosse, abbiamo minimizzato divergenze, contraddizioni e liti, ma oggi non ha più senso continuare a farlo”.

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