Patrick Zaki è “ancora un po’ confuso” perché “tutto sta andando velocemente”. Però, intervistato da Il Corriere della Sera, ammette: “Ora sono felice. Sono qui con la mia famiglia, con tutte le persone che amo. Tutto qui”. Parla dalla sua casa di infanzia a Mansoura, in Egitto, dove nelle ore scorse è stato rilasciato dopo 670 giorni di detenzione. ”Non mi hanno annunciato che sarei stato rilasciato – racconta lo studente egiziano dell’Alma Mater di Bologna – All’improvviso mi hanno portato al commissariato, e hanno iniziato a prendermi le impronte. Non capivo cosa stesse succedendo, non c’erano segnali che mi stessero per scarcerare. Ero confuso. Non posso dire tutti i dettagli e preferisco non parlare delle condizioni di detenzione. Ma poi ho capito che c’era una speranza. È la speranza, sai, la cosa più difficile da tenere in vita quando ti tolgono la libertà”. Ringrazia l’Italia, per la vicinanza alla sua famiglia e per l’impegno. “Grazie a tutti quelli che hanno tenuto accesa la luce. E l’elenco è lunghissimo. Gli amici in ogni parte del mondo, che si sono dati da fare per me. Ma anche la vostra delegazione diplomatica che è venuta alle udienze. Poi l’università di Bologna. Tutti i compagni di master, ma in particolare la professoressa Rita Monticelli. È la mia mentore al master Gemma a Bologna. Una persona che mi ha trattato come un figlio. E non mi ha trasmesso solo conoscenza ma anche valori. L’empatia, il rispetto. E l’ascolto. E poi mia sorella Marise. Ma sicuramente così faccio arrabbiare qualcuno, mi fermo qui”.

“Vedere in aula i vostri rappresentanti diplomatici durante le udienze mi ha dato forza – ribadisce Zaki – Non dimenticherò mai tutte le volte in cui durante le visite mi venivano raccontate le manifestazioni, delle piazze. E di tutte le iniziative organizzate per chiedere il mio rilascio in questi quasi due anni. Mi ha riempito di orgoglio sapere che una persona del livello della senatrice Liliana Segre e della sua statura morale si sia interessata a me. Voglio conoscerla. Assolutamente. Spero che questo avvenga quanto prima. Spero che avvenga presto che io possa tornare in Italia. Non so se ci sia un’interdizione per viaggiare all’estero. Per ora so che posso tornare al Cairo. Spero di poter riprendere davvero presto il master a Bologna. Non vedo l’ora di poter riabbracciare i miei compagni, i miei professori. E c’è un posto dove vorrei andare prima o poi, in Italia. A Napoli. Non ci sono mai stato. La mia bisnonna Adel veniva da Napoli. Non parlo così bene l’italiano, ma l’accento di quella parte del Paese mi ha sempre affascinato. Amo molto gli autori napoletani”. In carcere ho potuto leggere, prosegue Zaki, ”Dostoevskij, Saramago. E poi ‘L’amica genialè di Elena Ferrante. Il mio preferito, forse. I libri dell’Università invece erano più complicati da avere. Ho provato anche a scrivere qualche volta ma non sempre mi era permesso tenere il blocco. Scrivere permette di rielaborare, di processare l’accaduto. Una persona a me vicino mi ha insegnato questo”.

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