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Covid, il professor Clementi: “Test sierologico per evitare terza dose? Non è la strada giusta. Il booster va fatto anche con anticorpi alti”

Il direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano in una intervista spiega: "In genere gli anticorpi decrescono tra i sei e i nove mesi dopo la seconda dose. Questo tuttavia non significa una mancanza di immunità. Ci può essere anche un’immunità cellulare, che non si misura con gli anticorpi ed è quella che ci protegge anche di più dall’infezione"
Covid, il professor Clementi: “Test sierologico per evitare terza dose? Non è la strada giusta. Il booster va fatto anche con anticorpi alti”
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Chi vuole può anche sottoporsi a un sierologico, ma la terza dose andrà effettuata indipendentemente dal risultato. Fare il test per evitare il booster non è la strada giusta”. Il professor Massimo Clementi, direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia dell’Ospedale San Raffaele di Milano, in una intervista Huffingtonpost.it spiega perché è inutile pensare che un alto livello di anticorpi indichi l’inutilità del booster, che dal primo dicembre sarà offerto anche alla fascia 40-60 anni. “Non si può dire che sia sbagliato, ma non serve e non è collegato con l’efficacia della terza dose. Indipendentemente dal livello di anticorpi, il booster va a incrementare notevolmente la risposta immunitaria: sia quella degli anticorpi, sia quella cellulare. Dà una protezione efficace ed è da fare indipendentemente dal livello di anticorpi”. Di fatto è un completamento della vaccinazione che porta una risposta molto più solida. E del resto richiami e terzi dosi nel settore della Vaccinologià sono la normalità.

Non si “rischia” nessuna abbondanza di anticorpi: “Assolutamente no. In genere gli anticorpi decrescono tra i sei e i nove mesi dopo la seconda dose. Questo tuttavia non significa una mancanza di immunità. Ci può essere anche un’immunità cellulare, che non si misura con gli anticorpi ed è quella che ci protegge anche di più dall’infezione”. Il nostro sistema immunitario è dotato di due tipi di linfociti “quelli B, che una volta a contatto con l’antigene specifico producono gli anticorpi che poi vanno nel siero; e le cellule T, responsabili dell’immunità cellulare, che aggrediscono direttamente, senza rilascio all’esterno di un anticorpo, l’antigene, in questo caso il virus, che riconoscono”

Se la terza dose sarà l’ultima o ne dovremo fare una quarta si vedrà. All’orizzonte potrebbe esserci anche la prospettiva di richiami annuali, ma tutti gli scienziati sono concordi nell’attendere di esprimersi di vedere i dati. Nei paesi dove la terza dose è già molto avanti – come Israele e Gran Bretagna – i primi risultati si cominciano a vedere e dopo impennate importanti di contagi è iniziata una discesa del numero di infezioni. Londra ha anche deciso di anticipare il booster a 5 mesi. Cosa succederà è “difficile dirlo. Non sappiamo se questo virus cambierà, se gli anticorpi saranno sufficienti o serviranno altri vaccini più modulati sulle varianti diffuse. L’industria si sta già muovendo per creare vaccini tarati sulla Delta. Per il momento non è servito cambiare preparato, ma non è detto non lo sia in futuro. Ci sono molte evidenze sul fatto che questa infezione possa diventare endemica: pochi casi, ma ripetuti nel tempo, con una stagionalità invernale e questo virus si presenterà come uno dei tanti virus respiratori che ci infastidiscono”.

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