Il 2021 è l’anno di Dante Alighieri ma anche di Josquin Desprez, sommo compositore rinascimentale: ricorre il quinto centenario della morte, avvenuta a Condé-sur-l’Escaut, al confine tra Francia e Belgio francofono.

Nella rassegna Il Nuovo e l’Antico, il Bologna Festival ha programmato un succoso “Progetto Josquin 1521-2021”: due concerti, affidati a Odhecaton Ensemble (13 ottobre) e ad Astrarium Consort (9 novembre), diretti da Paolo Da Col e da Carlo Centemeri; la mostra Josquin Desprez: il principe dei musici, aperta fino al 12 novembre nel Museo della Musica, curatore il musicologo Carlo Vitali; e un incontro pubblico dello stesso Vitali assieme ai due direttori (12 ottobre).

Josquin nacque intorno al 1452, nello Hainaut, in Vallonia. Desiderato nelle maggiori corti d’Europa, fra il 1484 e il 1504 fu in Italia: soggiornò e lavorò di certo a Milano, Roma e Ferrara. “Non pare sia stato invece a Bologna”, sottolinea Vitali, “sebbene sotto la signoria di Giovanni II Bentivoglio la città primeggiasse per fasto e mecenatismo fra le corti del Nord”. Ebbe fama enorme e duratura. Ancora nel 1567 il fiorentino Cosimo Bartoli lo considerava “un monstro della natura” e lo metteva alla pari di Michelangelo pittore, scultore e architetto, anche se al nostro orecchio la sua musica parrebbe accostarsi piuttosto alla soave, rotonda perfezione di Raffaello.

Oggi, ai non addetti ai lavori, il nome di Josquin dice poco, la sua notorietà è confinata nella cerchia degli amanti della musica antica: un gran peccato, giacché la bellezza sonora e la costruzione geometrica delle forme musicali sono ineguagliate. Si prenda ad esempio il Mottetto a quattro voci Tu solus qui facis mirabilia, composto a Milano: atmosfera raccolta, versi sillabati ben scanditi all’inizio, poi alternanza tra gruppi di due e tre voci e sezioni di ‘tutti’. Una maestria stupefacente.

“Un motivo fondamentale del successo di Josquin”, continua Vitali, “sta anche nelle ragioni di mercato legate all’invenzione della stampa musicale”. Nel 1501 il marchigiano Ottaviano Petrucci pubblicò a Venezia l’Odhecaton, una miscellanea di chansons polifoniche: è il primo libro di musica stampato tipograficamente e il Museo della Musica di Bologna ne conserva l’unico esemplare integro. La tecnica prevedeva tre fasi: dapprima veniva impresso il rigo musicale, poi le note, indi il testo verbale. Il tutto doveva combaciare al decimo di millimetro, altrimenti l’intero foglio di carta e il lavoro erano sprecati. Petrucci, tipografo eccelso ma anche abile commerciante, comprese che Josquin era “vendibile”: così nel 1502 pubblicò un intero libro di sue Messe. Fu il primo libro di musica intestato a un sol compositore; e lo si ammira in mostra.

Nel frattempo a Roma un altro editore, l’istriano Andrea Antico, incominciò a produrre stampe musicali xilografiche: a Bologna è esposto un suo splendido libro di messe del 1516 in grande formato; tra gli autori, spicca Josquin. I ventun pezzi in mostra, continua Vitali, “testimoniano il durevole interesse di editori, musicisti pratici, collezionisti e studiosi intorno alla produzione del princeps musicorum franco-fiammingo, nonché la cura per la bella forma, che nel Rinascimento e nel primo Barocco faceva parte dell’Italian way of life”.

Nei due concerti del progetto bolognese si è ascoltata una composizione famosa di Josquin, la “Missa Hercules dux Ferrariae”, composta alla corte di Ercole I d’Este: il sovrano chiamò a corte i migliori musicisti e a tutti i costi volle anche Josquin. Il soggetto melodico della messa è cavato dalle vocali del nome del duca mediante il rimando a quelle delle note musicali. Una nota per ciascuna sillaba: Re – Ut – Re – Ut – Re – Fa – Mi – Re (Ut è l’antico nome del Do), corrispondente a Her-cu-les dux Fer-ra-riae. Su questo soggetto, proclamato quarantun volte a varie altezze, in valori lunghi, si regge l’impalcatura complessiva: ne risulta un’aerea cattedrale sonora.

Paolo Da Col con i cantori dell’ensemble Odhecaton – il nome viene dalla citata stampa del Petrucci – l’ha pure registrata in un magnifico Cd Arcana, dedicato per intero a Josquin. La compostezza dell’emissione vocale, la pastosità dell’insieme, unita alla chiarezza timbrica delle singole voci, ne danno una testimonianza fascinosa. Un piacere per la mente e l’udito. Nel secondo concerto, diretto da Carlo Centemeri, si ascoltano musiche di Josquin, ma anche del bolognese Giovanni Paolo Colonna (1637-1695). L’aggancio è offerto da una traccia tardiva che accomuna i due musicisti, un’antologia di “musiche antiche” rimaneggiate ed eseguite a Parigi da amatori ed esperti negli anni ’40 dell’Ottocento.

À côté segnalo il volumetto Josquin Desprez curato da Enzo Restagno per le edizioni del “Sole 24 Ore”. Tre bei saggi di Camilla Cavicchi, Giovanni Bietti e Carlo Fiore delineano un quadro complessivo della produzione del musicista e degli ambienti in cui operò. Lo stesso Fiore aveva già dato, anni or sono, un’importante monografia sul compositore (Josquin des Prez, L’Epos, 2003).

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