Per tre giorni in tredici comuni in giro per la Sicilia. È un vero e proprio tour de force elettorale quello di Giuseppe Conte che mercoledì è sbarcato sull’Isola, dove si voterà domenica 10 e lunedì 11 ottobre. I riflettori si spostano, infatti, dalle grandi città come Roma e Milano, ai 42 comuni siciliani che andranno al voto con una settimana di ritardo rispetto al resto del Paese. Nella regione a Statuto speciale i 5 stelle puntano alla riconferma di almeno uno dei tre sindaci uscenti già al primo turno: oltre al voto ritardato di 7 giorni, infatti, una legge regionale ha abbassato in Sicilia al 40 percento la soglia per evitare i ballottaggi. Ma il ballottaggio è previsto solo in 13 comuni, quelli cioè che contano più di 15 mila abitanti: Adrano, Caltagirone, Giarre, Lentini, Noto, Pachino, Rosolini, Vittoria, San Cataldo, Canicattì, Favara, Porto Empedocle e Alcamo. È proprio in quest’ultima città che si concluderà venerdì la tre giorni dell’ex premier, e non a caso: Alcamo, ex roccaforte del Pd, nel 2013 risultò il comune più grillino d’Italia col 48,1 per cento dei consensi alla Camera e adesso potrebbe regalare al Movimento la riconferma di un sindaco a 5 stelle, l’uscente Domenico Surdi. Ma il M5s conta altri due sindaci uscenti, ovvero Giuseppe Purpura a Grammichele, dove Conte è stato accolto mercoledì da una piazza gremita, e Ida Carmina a Porto Empedocle.

Seppure solo in piccoli comuni, le amministrative siciliane danno alcune indicazioni di rilievo: alle ultime comunali, infatti, appena un anno fa, i candidati frutto di un accordo tra M5s e Pd erano due, di cui una vincente (Maria Terranovaa Termini Imerese) mentre adesso i candidati sostenuti dall’asse giallorosso sono cinque (a contare solo i comuni sopra i 15mila abitanti): a Grammichele, Caltagirone, Adrano, Lentini e San Cataldo. Una moltiplicazione che ha messo in allarme il centrodestra, in particolar modo a Caltagirone, dove M5s, Pd e I Cento passi di Claudio Fava puntano tutto su Fabio Roccuzzo. È proprio qui, nella città che diede i natali a don Luigi Sturzo, e che vanta una lunga tradizione politica legata alla Democrazia cristiana, che si concentra la sfida più polarizzata delle amministrative siciliane: Caltagirone è l’unico comune in cui i due poli sono compatti. In extremis, infatti, anche il centrodestra, che fino all’ultimo aveva stentato a trovare una sintesi tra le varie anime che lo compongono, di fronte all’allarme giallorosso ha serrato le file su Sergio Gruttadauria, già vicesindaco dell’uscente Gino Ioppolo, amico fidatissimo del governatore, Nello Musumeci, che lo ha messo anche a coordinare il suo movimento Diventerà bellissima.

Queste amministrative saranno, d’altronde, la prova del nove per la tenuta dell’attuale governo regionale, ad un anno dalla scadenza, proprio mentre Musumeci fatica a trovare il consenso nel centrodestra per una sua nuova candidatura. Dieci giorni fa Matteo Salvini ha incoronato Nino Minardo, segretario siciliano della Lega, scegliendolo come candidato alla presidenza: “È giovane, con esperienza e ha consolidato rapporti di stima che lo fanno riconoscere dagli alleati come un interlocutore affidabile, ne parleremo al momento opportuno”, aveva detto il segretari della Lega al termine di una campagna acquisti estiva che lo aveva portato ad annettere ex renziani di peso come Luca Sammartino. Un’operazione che adesso vede lo scontro quasi interno nel catanese tra neo salviniani e lombardiani (questi ultimi avevano sottoscritto col Carroccio un patto, lanciando, meno di un anno fa, la federazione Mpa-Lega): Caltagirone, Adrano e Misterbianco sono, infatti, il teatro di un tesissimo braccio di ferro tra i due ras del consenso – Sammartino da un lato e Raffaele Lombardo dall’altro – ai piedi dell’Etna. Uno spostamento verso il centro quello di Salvini in Sicilia messo adesso a dura prova dagli esiti delle amministrative di domenica scorsa e che potrebbe infrangersi del tutto con le elezioni siciliane. Intanto, anche Matteo Renzi cerca in Sicilia di frenare la fuga dei suoi verso la Lega: l’ultimo a lasciare Italia viva è stato il parlamentare palermitano Francesco Scoma, una vita in Forza Italia. Non a caso nelle scorse settimane, l’ex segretario del Pd ha girato l’isola per presentare il suo nuovo libro, mentre sarà la sua viceministra alle Infrastrutture, Teresa Bellanova, a chiudere la campagna elettorale venerdì ad Alcamo.

A sbarcare in terra sicula anche Giorgia Meloni, che lo scorso 2 ottobre è stata a Vittoria dove tutto il centrodestra converge sul candidato di Fdi, Salvatore Sallemi. A Vittoria si voterà dopo un commissariamento record dovuto allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni mafiose nel luglio del 2018. Sono in tutto sei i Comuni siciliani che tornano al voto dopo lo scioglimento per mafia: oltre Vittoria, anche Misterbianco, Mistretta, San Biagio Platani e San Cataldo. Ben tre, invece, i big del Pd schierati per queste amministrative: Deborah Serracchiani, Peppe Provenzano e Dario Franceschini, divisi in luoghi diversi per coprire il territorio: “Il centrosinistra corre compatto, e il vento che ha soffiato domenica scorsa, siamo convinti che soffierà anche qui”, commenta Anthony Barbagallo, segretario regionale del Partito democratico. In alcuni comuni, però, il Pd corre a braccetto con l’Udc, come nel caso di Alcamo e Pachino, mentre a Canicattì il sindaco uscente dei dem è sostenuto anche da Forza Italia. E se l’asse Pd-M5s ha più che raddoppiato rispetto alle amministrative dello scorso anno, non mancano i mal di pancia dove la convergenza non s’è trovata: “Che ad Alcamo il Pd abbia scelto di correre assieme all’Udc appare irrispettoso nei confronti del M5s e di un sindaco che ha fatto bene e che merita la riconferma”, attacca Luigi Sunseri, consigliere regionale dei 5 stelle. Che muove anche critiche interne: “Paghiamo l’assenza di un coordinatore regionale del Movimento che avrebbe potuto esercitare una maggiore pressione sul Pd, difficoltà che ci aspettiamo verrà superata ora che Conte si è finalmente insediato”.

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