Sono le primissime battute del Recovery plan, e la Sicilia incassa già il suo primo flop. Perfino con clamore: su 31 progetti ammessi, 31 progetti sono stati bocciati dal ministero dell’Agricoltura. Si tratta di una prima tranche di investimenti per ammodernare o mettere in sicurezza i sistemi di irrigazione dei campi agricoli. E la Sicilia, che aveva chiesto più di 400 milioni di euro, non avrà neanche un centesimo. L’unica regione d’Italia ad ottenere solo bocciature e a restare all’asciutto, anche in senso letterale, è il caso di dire. Inanellando invece un lungo elenco di veri e propri strafalcioni che però non ha frenato le prime, infuocate, reazioni del governo regionale andato subito all’attacco diretto del ministro dell’Agricoltura, Stefano Patuanelli: “Con quale criterio e come si è proceduto alla selezione?” si chiedeva immediatamente dopo avere appreso la notizia della bocciatura, lo scorso lunedì, l’assessore siciliano all’agricoltura, Toni Scilla. E si rispondeva: “È chiaro che qualcosa non quadra. Il ministro Patuanelli scade in valutazioni sommarie a tutto svantaggio della Sicilia, e non è la prima volta che lo fa”. Ma il resoconto nel dettaglio mostra errori come quello di non avere indicato la data di progettazione in ben 12 progetti, mentre per altri 12 non è stata inserita la data di durata dei lavori. Per 27 progetti, invece, non è stata neanche inserita la data di verifica. Lo stesso ministro Patuanelli, rispondendo durante il question time a un’interrogazione sui progetti per l’ammodernamento delle reti irrigue nell’ambito del Pnnr, con particolare riferimento al Mezzogiorno, ha spiegato che nessuno dei progetti presentati dalla Sicilia è risultato ammissibile “per motivi meramente tecnici” specificando, ad esempio, che “17 progetti presentavano una durata di intervento e realizzazione delle opere superiore ai 30 mesi. Abbiamo delle scadenze – ha commentato Patuanelli – che non sono derogabili, come è noto”. Ma è solo la punta dell’iceberg. Basti pensare che nella lista ci sono anche due progetti (ente attuatore è il Consorzio di Bonifica di Siracusa) da 4,3 e 4,8 milioni di euro che non rispettano 16 criteri su 23. In pratica si fa prima a dire quali sono stati rispettati (sette). Il progetto di Gela, da 31 milioni, per la rete irrigua dell’invaso Gibbesi, non risponde a 13 criteri. A 12 criteri non rispondono altri due progetti che riguardano Gela (da 19 e 15 milioni di euro) e altrettanti in provincia di Catania (per 4,8 e 4,3 milioni). Poi ci sono altri 5 progetti a Trapani (quasi 8 miliardi, 8,2, 4,3 e 5,2 miliardi) e ancora a Siracusa (4,6 miliardi) che non rispondono a 11 criteri. E poi ci sono altri 19 progetti che non rispondono a un numero di criteri che varia dall’uno agli 8.

E questo solo per citare alcuni dei problemi che hanno consegnato il record di bocciature alla Sicilia. Record che ha scatenato le prime reazioni al vetriolo, con l’assessore Scilla che nonostante questi dati ha continuato ad attaccare il ministro: “Ricordiamo il tentativo di scippare fondi del Programma di sviluppo rurale. Un atteggiamento ostile, che registriamo per l’ennesima volta, e che ci porterà ad effettuare le dovute verifiche e valutazioni”. Ancora più duro il presidente siciliano, Nello Musumeci che addirittura scomoda un conflitto territoriale: “È una vergogna nel Pnrr continuare a guardare a progetti del Centro-Nord e non a quelli del Sud e della Sicilia. Non è un problema di risorse, ma di progettualità. E la Regione Siciliana ha priorità davanti alle quali il governo nazionale si gira dall’altra parte”. Reazioni a caldo, a inizio settimana, poi riviste. Fino a chiedere, ieri, un incontro al ministro. Mentre Scilla ha passato tutto il pomeriggio rinchiuso in una riunione fiume con i suoi dirigenti per capire dove risiedano le responsabilità di un tale flop, in vista dell’appuntamento di questa mattina in commissione Attività produttive all’Assemblea regionale siciliana, dov’è stato convocato per riferire sulle bocciature. D’altronde a poco serviva appellarsi a un ipotetico sbilanciamento a favore del Nord, considerando che la Calabria ha avuto sì 16 progetti bocciati ma ha potuto incassare anche 20 approvazioni. Ma nell’attesa che si scovino le responsabilità, anche Gaetano Armao, assessore all’Economia, ha puntato il dito contro i criteri di valutazione, perché non erano stati discussi con le Regioni: “Non c’è mai stato alcun confronto in conferenza stato-regioni, e il problema è più generale: o si incardina tutto secondo legge o il ministero va avanti coi suoi parametri e con una gestione del tutto autonoma al di fuori dei normali iter”. Tutta colpa dei criteri, dunque. Erano 23 in tutto e secondo Patuanelli erano “gli stessi adottati nell’ambito del programma nazionale di sviluppo rurale 2014-2020 e concordati con le Regioni e province autonome nel 2015″.

Una risposta che smentisce il governo siciliano che all’esordio sul recovery plan è già nella bufera. “Siamo alle prime battute e siamo già i peggiori in assoluto”, commenta Luigi Sunseri consigliere regionale del M5s. E continua: “Se il governo non è in grado di rispettare criteri, peraltro già stabiliti in conferenza stato-regione, non lo deve dire ora, doveva saperlo e dirlo prima, dal dettaglio emergono non solo errori ma gravi illiceità”. “Se questa è la prima, non voglio vedere le altre. Ed è inutile buttarla in caciara menzionando un conflitto col Nord”, interviene, invece, Valentina Zafarana, membro per i Cinquestelle in commissione Attività produttive, dove stamattina Scilla dovrà riferire. “Strafalcioni terrificanti e per l’ennesima volta registriamo come non ci sia nessun membro di questo governo in grado di ammettere le proprie responsabilità e scusarsi con i cittadini”, commenta anche Claudio Fava. “La responsabilità per questo clamoroso flop è evidentemente ascrivibile alla inadeguatezza degli apparati regionali e al mancato coordinamento da parte del governo”, sottolinea Cleo Li Calzi, responsabile del dipartimento regionale Pnrr del Pd. Ma d’accordo con Li Calzi c’è lo stesso Armao che dai banchi del governo lancia l’allarme: “Abbiamo senza dubbia urgenza di reclutare personale di alto livello, dopo che negli anni passati si è spinto per i pensionamenti, siamo in grande difficoltà: la mia proposta, a questo punto, è di attingere agli ultimi concorsi lanciati da Brunetta con il quale sto dialogando”. “Armao dice una cosa vera – ribatte Sunseri – la Regione non è in grado e andrebbe commissariata”.

In effetti, in molti casi si tratta di errori e lacune banali. La nota ufficiale del Crea (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) spiega che per l’87% dei progetti candidati (27 progetti) non è stata inserita la data della verifica. E questo vale anche per il progetto con l’importo maggiore, quello da 63 milioni di euro per la sostituzione delle condotte in amianto a Dittaino, in provincia di Catania. Per venticinque progetti (l’80,6%) il valore inserito nel campo ‘Superficie totale dell’area attrezzata sottesa all’intervento (ha)’ è pari a zero. Tra questi il progetto da 39,1 milioni ad Agrigento per utilizzare le acque delle dighe Prizzi e Gammauta con l’alimentazione a cascata della vasca Alta Martusa di Cartabellotta e potenziare il sistema di irrigazione dell’area di Ribera. Per 24 progetti, alla voce ‘Verifica progetto’ è stato scritto no, contrariamente a quanto indicato. Per 23 progetti è stato inserito il valore ‘0’ nel campo ‘Misuratori al Prelievo Installati a titolo dell’investimento’. Per 19 progetti non è ammissibile il valore inserito sullo stato delle autorizzazioni (le opzioni erano ‘da acquisire o da rinnovare entro 6 mesi’ e ‘acquisite e in corso di validità). Tra questi, per 14 progetti non è stato inserito alcun valore. Per altri 14 non è stato rispettato il criterio che riguarda la data di progettazione che, in 12 casi, non è stata proprio inserita, mentre in altri due casi è antecedente al 2016. Diciassette progetti, invece, non rispettano il criterio della durata dei lavori. Tra questi, per 12 progetti non è stato inserito alcun valore, per altri 5 la durata contrattuale dei lavori è superiore a 30 mesi.

Insomma un disastro. A maggior ragione alla luce di quanto ha dichiarato il ministro durante il question time: “Ricordo che dopo aver condiviso con le regioni i criteri di ammissibilità, abbiamo attivato un help desk con 118 faq di risposta e un dialogo costante con chi stava inserendo i progetti per aiutare ed evitare la commissione di errori”. Già. E allora potrà la Regione Sicilia porre rimedio al pasticcio? “Su questo ovviamente siamo disponibili a far rimediare – ha spiegato il ministro – per esempio a chi ha barrato un numero sbagliato. E sempre nel rispetto di chi ha già fatto le cose in modo corretto”. Ma ci sono altri due aspetti che il ministro affronta nel suo intervento. Intanto le risorse nazionali a disposizione per il sistema irriguo. Come a dire: c’è un altro treno, per chi perderà questo. “Ci sono 440 milioni di finanza messi sulle leggi di Bilancio dei prossimi anni – ha spiegato – che non sono soggette ai tempi del Pnrr”. E c’è un’altra questione su cui riflettere: “Alcuni consorzi e alcuni enti che sono vigilati dalle Regioni non hanno avuto la capacità tecnica di presentare i progetti. Potremo aiutarli con le risorse nazionali”.

Articolo Precedente

Giustizia tributaria, 41 miliardi di contenzioso e troppi conflitti di interesse: perché la riforma prevista dal Recovery plan non può aspettare

next
Articolo Successivo

Qualità dell’abitare e periferie, sbloccati 2,8 miliardi per 159 progetti degli enti locali. In testa Bari, Milano, Messina e Lamezia Terme

next