L’importanza dell’assunzione di frutta e verdura nell’alimentazione è conosciuta da tempo. Ma nei soggetti anziani potrebbe esserlo anche di più. La concentrazione nel sangue dell’acido ippurico, una molecola di derivazione alimentare, può essere un indicatore predittivo di fragilità negli anziani: lo indica lo studio pubblicato sul Journal of Gerontology dall’Istituto Mario Negri di Milano, con la Fondazione Golgi Cenci e la Fondazione Mondino.

Lo studio ha valutato 433 persone tra i 76 e 78 anni e ha evidenziato come la concentrazione nel sangue, più o meno alta, di acido ippurico, sia in grado di predire lo sviluppo della fragilità, cioè una sindrome geriatrica che si manifesta in una minore capacità dell’anziano di rispondere a situazioni di stress, in modo notevolmente diverso tra soggetti della stessa età. Attualmente, il procedimento per diagnosticare è particolarmente lungo e si basa su 33 indicatori, tra test cognitivi, fisici e anamnesi clinica del soggetto.

“L’associazione tra le abitudini alimentari e l’indice di fragilità è riconosciuta da tempo. La diminuzione dell’assunzione di polifenoli (molecole molto importanti per la salute dell’organismo) e la diminuzione dell’assunzione di frutta e verdura sono un evento sfavorevole nei soggetti fragili”, spiega Laura Brunelli, coordinatrice della ricerca. Nello studio, attraverso l’utilizzo della spettrometria di massa, “abbiamo identificato l’acido ippurico come possibile indicatore oggettivo dell’assunzione di frutta e verdura“.

In particolare si è visto che nei soggetti fragili c’è una significativa riduzione dei livelli plasmatici di acido ippurico e che questi sono associati ad una diminuzione del consumo di frutta e verdura. Si è anche osservato che, nell’arco di quattro anni, gli anziani con alti livelli plasmatici di acido ippurico non sono divenuti fragili al monitoraggio del quarto anno. “La prospettiva futura – conclude Brunelli – è capire se l’acido ippurico ha un ruolo nel contrastare l’insorgenza di questa sindrome geriatrica”.

Lo studio

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