Questo lungo periodo di impoverimento generalizzato causato dalla micidiale sovrapposizione tra una crisi economica senza eguali e il tempo pandemico, la conseguente volatilità del lavoro divenuto sempre più precario ha generato una situazione nella quale è difficile dare forma ai propri desideri. Ho visto negli ultimi tempi molti uomini e donne che lavorano in aziende multinazionali immersi in una dimensione coercitiva di lavoro per il lavoro, del prodotto per il prodotto, incatenati ad una condizione semi segregante che si guardano bene dal mettere in discussione, pena la strada, la fame, la fine delle rate, della casa e dell’abbigliamento del bambino.

Molti giovani lavorano in strutture che si sostengono su una dimensione di annichilimento e riduzione del desiderio del singolo per sostenere il profitto. No ferie, no pausa bagno, stipendi ridotti all’osso, delocalizzazione come arma per irretire ogni possibile velleità di insubordinazione.

Dopo aver accettato per necessità la garanzia capestro che queste aziende forniscono, essi iniziano a progettare la loro vita: avere un figlio, programmare l’acquisto di una casa, di un auto.

E a quel punto, scoprono che non è possibile.

Non è possibile anteporre un desiderio proprio al fine ultimo della Struttura, che ti caccia se osi restare incinta, che ti rende difficile urinare, che tiene i tuoi tempi registrati in un aggeggio dal quale non puoi separarti. Questo è il momento della rabbia, della frustrazione, della disperante consapevolezza di esser chiusi in una dimensione nella quale non è possibile desiderare. Questa condizione è solo la punta di un iceberg di un mondo lavorativo che fa sempre di più della precarietà il suo fondamento ed interessa ormai quasi tutti gli ambiti. In omaggio a ciò che Céline diceva a proposito della capacità divisiva e non aggregativa della povertà, questo universo malpagato, privo di garanzie e impossibilitato a crearsi un domani ingrossa le fila di un fenomeno, diffuso principalmente in rete, che mira alla distruzione del desiderio altrui. Una ferocia trasversale porta a inondare di odio qualunque barlume desiderante faccia la sua comparsa, in una mortifera tendenza all’azzeramento.

Dal web:
Si è smarrito mentre tentava di scalare l’Everest
‘Ma chi glie lo ha fatto fare? MA questa gente non va a lavorare? Si arrangi!’

Ha una crisi al 30 kilometro del cammino di Santiago
‘Peggio per lui, poteva starsene a casa! I soccorsi li devo pagare io che faccio i turni, con le mie tasse?’

Cade nel corso di un escursione sulle Dolomiti
‘Meglio! Un cretino in meno in giro. Perché non ha fatto un po’ di straordinari?

Qualunque azione che un tempo sarebbe stata oggetto non dico di ammirazione, ma quantomeno di curiosità, oggi suscita una rabbia cieca e furiosa, senza filtro e senza mediazione.

Per molti che abitano in un campo bruciato, ogni filo d’erba che sorge nei campi vicini deve essere raso al suolo.

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