Partiamo con la cosa che personalmente trovo più assurda: l’introduzione nel quadro legislativo italiano del monopattino è avvenuta nonostante non vi fosse un solo produttore italiano (direi anche europeo) di questi oggetti importati tout court dalla Cina, senza nessun know how tecnico/produttivo. Tutti ne parlano come mezzo alternativo di mobilità sostenibile, ma qualcuno di noi ha qualche idea di come e dove si effettui una eventuale riparazione? Vita delle batterie? Smaltimento? È tutto un grande boh!

Non è un gioco e neppure un passatempo dall’alone di “sostenibilità”. Il monopattino è un veicolo. Una riflessione inutile e banale? Direi non proprio, visto che molti di questi aggeggi vengono utilizzati – ampiamente – anche da persone a cui hanno ritirato la patente o che non ne sono neppure in possesso. Bene. Oppure male. Dipende dai punti di vista. Come velocipede il monopattino risponde esattamente a quella parte del codice della strada dedicata ai velocipedi. Esempio: obbligo di servirsi della pista ciclabile se presente; attraversare sugli attraversamenti pedonali con monopattino condotto a mano; posizione in carreggiata strettamente a destra, in prossimità del margine laterale destro.

Eppure l’introduzione fiume di questi oggetti, non spiegati e non accompagnati da alcun progresso, fa e farà scontare sulla pelle degli utilizzatori il fatto che non si tratta di giochi o di passatempi sfiziosi, ma di veicoli. Con pericoli e responsabilità ben definiti.

Prendiamo ad esempio: il fronte cause in caso di incidenti, che potrebbero essere infinite. Perché? La visibilità di questi dispositivi è molto più limitata (lucina in basso e piccolo catarifrangente laterale) e sono molto più veloci e scattanti sulle piccole curve, cosa che sorprende, e non poco, un automobilista. Anche sugli attraversamenti ciclo-pedonali. Non secondaria è poi l’esposizione del busto e del capo del conducente del velocipede direttamente all’urto con una autovettura o con un camion, senza un minimo di fisico distanziamento.

In effetti avevamo bisogno di tutto questo. Ma aspettiamo il prossimo morto per tornare a parlare e occuparci di monopattini.

e.reguitti@ilfattoquotidiano.it

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