Il Consiglio di Stato mette una pietra tombale sul matrimonio da 450 milioni di euro tra A2A e AEB. E conferma la decisione del Tar della Lombardia che a febbraio aveva annullato la delibera con cui il Comune di Seregno, principale azionista della multiutility brianzola AEB, aveva dato il via all’integrazione societaria senza passare da nessun bando pubblico. Bando che invece – confermano i consiglieri di Stato – avrebbe dovuto esserci, visto che ad acquisire una parte del capitale di AEB (interamente pubblica) è stata A2A, per metà proprietà dei Comuni di Milano e Brescia, ma per l’altra metà posseduta da soci e investitori privati.

“Nel rispetto dei principi di concorrenza e di par condicio, la scelta del partner industriale, in grado di esercitare un controllo di fatto sul gestore del servizio, avrebbe dovuto avvenire in forma competitiva”, scrive il Consiglio di Stato che, come il Tar, smentisce che la fusione fosse un’operazione “infungibile”, cioè non sostituibile da altre operazioni per la mancanza di società in grado di garantire la stessa competitività di A2A: l’infungibilità, infatti, “proprio in quanto eccezione alla regola dell’evidenza pubblica, avrebbe dovuto essere valutata con particolare rigore ed all’esito di una puntuale indagine di mercato, idonea a dimostrare che l’unica possibilità di sviluppo e di incremento di competitività per la AEB fosse l’integrazione industriale con la A2A, in ragione delle peculiari caratteristiche di questa, non replicabili sul mercato di riferimento”. Tale valutazione contenuta nella sentenza odierna (estensore Giovanni Grasso) ribalta il precedente parere dello stesso Consiglio di Stato, che un anno fa aveva deciso di non sospendere in via cautelare la fusione ritenendola “infungibile” (estensore di quell’ordinanza era la consigliera Elena Quadri).

Il gigante A2A è stato così sconfitto da alcune piccole aziende del settore della distribuzione del gas, che si erano rivolte al Tar insieme al consigliere regionale del M5s Marco Fumagalli e al consigliere comunale di Seregno Tiziano Mariani, tutti difesi dall’avvocato Ilaria Battistini di Milano e dallo studio bolognese del professor Antonio Carullo. “Mi aspetto l’immediata uscita di A2A e dei suoi dirigenti dalla compagine di AEB e il ripristino della situazione preesistente”, dice Fumagalli, che ha sempre dato il suo sostegno al ricorso pur essendo stato giudicato non legittimato a presentarlo. “Alla luce dell’elevato rischio di danno erariale e di risarcimento del danno, tutti coloro che hanno preso la scellerata decisione della fusione dovranno dimettersi al fine di non compromettere quanto deciso dalla sentenza”. Sotto accusa in particolare l’amministratore delegato di A2A Renato Mazzoncini, la presidente di AEB Loredana Bracchitta e il sindaco di Seregno, Alberto Rossi del Pd. A chiedere le dimissioni di quest’ultimo è anche Mariani, al quale in comune è stata negata più volte la consegna della due diligence, uno dei documenti alla base dell’operazione. Anche questo, aveva stabilito il Tar e oggi ribadisce il Consiglio di Stato, un fatto illegittimo che ha portato all’annullamento della delibera del comune di Seregno.

Mentre la sentenza del Consiglio di Stato sancisce un principio che avrà conseguenze nel futuro risiko delle multiutility italiane, ora si aspettano le mosse della procura di Monza, che da mesi indaga proprio sulla fusione tra A2A e AEB. E poco più di un mese fa ha inviato la Guardia di Finanza ad acquisire documenti in comune a Seregno, nella sede di AEB e a casa della sua presidente Bracchitta.

Twitter @gigi_gno

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