È nullo il provvedimento con il quale il ministero della Salute il 19 febbraio scorso ha espresso il divieto d’immissione in commercio, con contestuale ritiro dal mercato, delle mascherine U-Mask Model 2. La decisione arriva con una sentenza del Tribunale amministrativo del Lazio in accoglimento del ricorso proposto da U-Earth Biotech Ltd.

I FATTI – La società ricorrente, prima di immettere sul mercato nel mese di marzo 2020 le sue mascherine facciali per la prevenzione del Covid 19, si era rivolta al centro “Clodia” per l’effettuazione delle prescritte prove di laboratorio. Ma con il provvedimento ministeriale del 19 febbraio 2021, la commercializzazione del prodotto fu inibita, anche in seguito a una specifica indagine del NAS dei Carabinieri, per una serie di ragioni: il laboratorio sarebbe risultato privo di autorizzazione sanitaria; il titolare del centro sarebbe stato privo della necessaria abilitazione professionale; il soggetto che aveva a suo tempo provveduto alla registrazione informatica del prodotto presso gli elenchi del Ministero della salute sarebbe stato diverso da quello a tal fine delegato dalla ricorrente società. Da qui la presentazione del ricorso amministrativo.

IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO – Dopo aver rigettato tutte le eccezioni di rito, ha ritenuto il ricorso fondato nel merito. “Sussiste innanzitutto il difetto di istruttoria – si legge in sentenza – nella parte in cui l’intimata amministrazione statale ha omesso ogni propria autonoma valutazione in merito alle circostanze che avrebbero determinato il ritiro del prodotto. La circostanza risulta piuttosto evidente da un semplice raffronto tra conclusioni dei NAS in sede di indagini preliminari e motivazione del provvedimento impugnato, il quale piuttosto pedissequamente si limita e ripetere le ridette conclusioni senza operare alcuna ulteriore valutazione di carattere istruttorio nonché di natura tecnico-giuridica”.

Secondo i giudici, inoltre, sussiste anche un difetto di motivazione “nella parte in cui il provvedimento, appiattendosi si ripete sulle posizioni espresse in sede di indagini dai NAS, si limita a ribadire che il centro analisi sarebbe privo di autorizzazione sanitaria e che il relativo responsabile sarebbe sprovvisto di idoneo titolo. Trattasi infatti di motivazione apodittica che non consente di ricostruire l’iter fattuale, logico e giuridico che avrebbe condotto l’amministrazione ad adottare quel dato provvedimento”. Per il Tar, poi, “sussiste il difetto di istruttoria nella parte in cui l’amministrazione non ha tenuto sufficientemente conto del fatto che la divergenza tra soggetto formalmente delegato ed ente che ha concretamente effettuato la registrazione del prodotto presso gli elenchi del Ministero è stato il frutto di un mero errore materiale”. E’ stata però respinta la richiesta risarcitoria dell’azienda specificando che “il presente ricorso viene in questa sede accolto per ragioni unicamente legate al difetto di motivazione e di istruttoria (c.d. vizi formali)”.

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