È stato approvato a larga maggioranza un documento dall’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa del senatore piddino Roberto Rampi, in cui per la prima volta si cerca di superare la vaghezza delle belle parole e di indicare delle soluzioni concrete. Si parla molto dei media. Lo scopo è quello di far promuovere il diritto alla conoscenza a diritto umano. A me di sinistra liberale indica il sentiero Luigi Einaudi col suo “conoscere per deliberare”, a me europeo indica il sentiero Dante col suo invito a “seguir vertute e conoscenza”. Voi direte, tutto scontato, ma è cosi? O ci stiamo prendendo in giro reciprocamente facendo finta che le nostre democrazie siano davvero tali, facendo finta che i mezzi di comunicazione siano davvero liberi?

Mi pare che siamo tornati all’ipocrisia dello Statuto albertino che, nel suo testo preparatorio, affermava che “la stampa è libera ma sottomessa a leggi repressive”. Non sorridete. Noi potremmo dire: la stampa è libera ma sottomessa a regole che nessuno fa rispettare, al crollo della professionalità, alla pubblicità occulta, al terribile conformismo della concentrazione editoriale, alla precarietà che rende schiavi, alla ignoranza che è l’esatto opposto della conoscenza.

Il cumulo degli strumenti informativi è impressionante. Però, se ciascuno dei segmenti di questo cumulo è inquinato, perché non libero davvero, il Tutto si tramuta in un incubo di conformismo e di illibertà. L’opinione pubblica viene blandita come dominatrice e onnipotente, ma in effetti è manipolata, eterodiretta, svigorita. Gli strumenti del comunicare sono inesorabilmente e progressivamente concentrati. Dappertutto regnano, se non il monopolio, l’oligopolio e strutture elefantiache, costosissime, irraggiungibili dalle minoranze ideologiche.

Alcuni decenni fa è stato scritto un grosso volume, di Serge Tchakhotine, ormai un classico: il suo messaggio è ben riassunto dal titolo: Le viol des foules par la propagande politique, un libro che rende bene ciò che è avvenuto nel XX secolo. Qual è la differenza tra quei tempi e l’oggi? Che allora quello stupro era violento e visibile. E certo la massa soccombeva. Oggi tutto è più subdolo. Il lettore, lo spettatore e l’ascoltatore, che appaiono ovunque protagonisti, in realtà sono ridotti a oggetti inconsapevoli. Non sono titolari di alcun diritto. I risultati della conquistata libertà d’impresa mediatica sono deprimenti. Il lettore-consumatore si difende come può e arretra: abbandona progressivamente gli strumenti più “difficili” e soggiace a quelli più “facili”. Va sempre meno in edicola ad acquistare i quotidiani e giace di fronte alla tv e al pc. Ma chi oggi riflette su questi problemi proponendo delle soluzioni? (…)

Prima questione: la pubblicità inquinata. Questa truffa si è data anche una “filosofia” e viene teorizzata. Il concetto di “pubblicità nativa” nata negli Stati Uniti mira proprio a superare il vecchio concetto di pubblicità e a confondersi totalmente, anche nella forma e nella scrittura, con i contenuti redazionali, affinché il lettore non riesca ad accorgersi dell’inquinamento. È pubblicità che si camuffa da giornalismo.

La “pubblicità nativa”, ovvero truffaldina, inonda tutti i quotidiani di carta stampata violando codici deontologici sia giornalistici sia pubblicitari, nonché l’art. 44 dello stesso contratto nazionale giornalistico. Però, a mio avviso, la pubblicità nativa è addirittura meno grave del silenzio-assenso del sindacato dei giornalisti che avrebbe tutti i mezzi per stroncarla, ma è da tempo silente, inerte, addirittura complice in questa e in altre prestazioni di distruzione del giornalismo nostrano.

Seconda questione: i diritti dei lettori. Nessuno mai ha pensato di garantire i diritti dei lettori. Eppure i lettori sono consumatori di una merce ben più delicata di altre, perché condiziona la salute mentale e democratica. I primi passi per una battaglia di libertà: Appello per la libertà d’informazione. Le prime battaglie per i diritti dei lettori e contro la pubblicità ingannevole.

L’informazione in Italia è in stato comatoso. I vertici dei Gruppi editoriali si aumentano i propri compensi e tagliano il costo del lavoro. Nessuna sorpresa. Gli editori sfrutteranno l’asino fino alla sua morte. Così l’informazione è assediata da precariato, concentrazioni proprietarie, distruzione della professionalità, invasione della pubblicità occulta. Il risultato palese è la triade: faziosità & volgarità & ignoranza. La sua funzione è ridotta o all’adulazione degli “amici” o al manganellamento dei “nemici”. I giornali servono a tutto meno che a informare correttamente. Hanno rinunciato alla loro funzione di mezzi di informazione e sono finiti a farsi strumento quasi esclusivo di lotta politica o di interessi economici e commerciali che nulla hanno a che vedere con la loro funzione originaria.

Si salvano in pochi. I lettori non hanno alcun diritto. Le proprietà non hanno alcuna trasparenza. I giornalisti, soprattutto quelli più giovani, ricattati con salari da fame, sono ridotti dalla instabilità del lavoro a servili esecutori. La televisione pubblica è regolata, con soddisfazione di tutti i partiti, dall’autoritaria riforma Renzi.

Quello della comunicazione è oggi il più grave problema che affligge la nostra democrazia. Occorre reagire: è inutile piangersi addosso. Lo sappiamo che il problema è complesso e che le forze politiche mostrano di non accorgersi che esiste una emergenza che mina addirittura il sistema delle libertà. Dobbiamo servirci di ogni mezzo democratico: esistono regole e leggi dimenticate o accantonate. Riprendiamole in mano e riattiviamole. Occorre chiedere la loro piena applicazione.

Il primo passo, per noi, è il ripristino della concorrenza leale e il rispetto della deontologia giornalistica. Ormai la “pubblicità nativa”, ovvero quella ingannevole che nasconde al lettore il messaggio pubblicitario e lo truffa, sta dilagando su tutta la stampa nazionale. Uno dei suoi scopi è di assuefare i lettori, accrescere l’indifferenza e la ricettività. Affinché finalmente siano sanzionate, sono state denunciate agli organi competenti, finora inerti, le violazioni particolarmente clamorose e costanti dei codici deontologici e del “Contratto di lavoro” da parte del Corriere della Sera. Ci aspettiamo che questi facciano il loro dovere. Ma queste pratiche scorrette sono usuali anche in altri Gruppi editoriali. Bisogna riattivare strumenti esistenti e applicabili a quasi tutti i mezzi di informazione.

Primi firmatari:
Vittorio Emiliani, Pres. onorario blog “italia libera.online”
Gian Giacomo Migone, Presidente della Commissione Esteri del Senato, 1994-2001
Pino Nicotri, Giornalista, già Inviato dell’Espresso
Antonio Alberto Semi, Psicoanalista

Chi intende sottoscrivere l’appello per la libertà d’informazione può mandare la sua adesione sia a info@criticaliberale.it sia a massimo.alberizzi@gmail.com

Scarica gratis la rivista

Articolo Precedente

Diritti tv, l’Antitrust avvia un’istruttoria sull’accordo tra Tim e Dazn per la Serie A: “Possibili distorsioni della concorrenza”

next
Articolo Successivo

“Effetto D”, “SuperMario”, “schiacciasassi”, “ispiratore dell’Italia che eccelle”: per il Messaggero la vittoria è merito di Draghi

next