La tragedia causata dal pensiero neoliberista con la privatizzazione dei beni pubblici e delle cosiddette piattaforme di gestione dei beni stessi, ha avuto oggi due illuminanti manifestazioni. La prima, che condanna definitivamente questo cinico, proditorio, patologico sistema economico neoliberista, e il secondo che pone in luce la triste realtà, secondo la quale, i cittadini italiani, traditi dai loro rappresentanti politici, non hanno altra via per far valere i loro diritti fondamentali, se non quella giudiziaria.

Parlo innanzitutto della incredibile conclusione dell’annosa vertenza per la revoca della concessione autostradale alla famiglia Benetton, responsabile della mancata manutenzione delle autostrade, a lei affidata, e del crollo del ponte di Genova, che ha procurato 43 vittime.

A causa di un balordo contratto di appalto, sottoscritto dal governo Gentiloni, il 24 gennaio 2018, il concessionario della gestione autostradale è stato sottratto alla responsabilità per inadempimento dei propri doveri e si è stabilito che, in caso di revoca, lo stesso avesse diritto ad una indennità, la quale, secondo gli attuali prezzi di mercato sarebbe stata di 23 miliardi, come precisato, a suo tempo, dall’Avvocatura dello Stato, e che comunque, dopo lunghe trattative, è stata ridotta a 9,5 miliardi, con i quali la famiglia Benetton pagherà i suoi debiti e resterà con in mano 4 miliardi per investirli secondo le scelte che a lei sembreranno più fruttuose, tenuto anche conto che intanto le quotazioni delle sue azioni hanno avuto sui mercati un bel balzo in avanti.

Si tratta di un esempio vergognoso, che pone in pessima luce le scelte dei nostri governanti, i quali hanno seguito il pensiero neoliberista, trasformando il sistema economico produttivo e fisiologico del keynesianesimo, nel sistema economico predatorio, cinico e incostituzionale del neoliberismo, i cui effetti sono quelli appena dimostrati.

È infatti innegabile la constatazione che, secondo questo sistema, le ricchezze maggiori di privati avventurieri e speculatori derivano dalla distribuzione ad essi, pressoché gratuita, di beni pubblici e delle cosiddette piattaforme gestionale di tali beni.

Non è chi non veda che l’obiettivo fondamentale di questo sistema patologico è l’impoverimento del Popolo italiano, le cui industrie strategiche, che sono strutturalmente legate al territorio dello Stato-Comunità in cui viviamo, dovrebbero appartenere al Popolo a titolo di sovranità, e non dovrebbero essere date in gestione a S.p.A. private, le quali si astengono dal perseguire gli interessi generali e perseguono solo gli interessi venali dei soci, a danno di tutta la collettività.

A questo disastroso risultato, dovuto al fatto che i nostri politici, con la mente offuscata dal neoliberismo, e evidentemente collusi con i faccendieri e gli speculatori, fa riscontro l’evento positivo della sentenza della Corte d’Assise di Taranto, che ha condannato per disastro ambientale i proprietari dell’Ilva e gli amministratori con essi collusi.

Tale sentenza fa giustizia di un atteggiamento politico divenuto insopportabile, poiché tentava di bilanciare l’interesse alla salute con l’interesse al lavoro, dimenticando che il diritto fondamentale alla salute è prevalente rispetto a tutti gli altri diritti, nonostante il recente Recovery Plan preveda ancora il suo bilanciamento con il diritto delle imprese, assumendo una posizione vergognosa, che tiene ancora in piedi le privatizzazioni e che trasforma l’Ente pubblico, che gestisce i beni strategici della comunità italiana nell’interesse dei cittadini, in S.p.A. che gestisce detti beni nel proprio interesse venale, indifferente rispetto ai bisogni della Nazione.

Insomma, ripeto, occorre tener presente che la vendita a privati di beni e servizi strettamente collegati alla struttura del territorio e al soddisfacimento degli interessi fondamentali del Popolo, devono assolutamente tornare in mano pubblica o di comunità di lavoratori o di utenti (art. 43 Cost.), in modo che le ricchezze prodotte da fattori di produzione in proprietà pubblica, anziché andare a beneficio del Popolo, vanno a finire nelle tasche di incompetenti faccendieri privati e ciniche multinazionali, lo prescrivono gli articoli 1, 3, 11, 41, 42 e 43 della nostra Costituzione repubblica e democratica.

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