“Nessuno in questo club ha la responsabilità di una attesa durata 29 anni”. Una battuta, naturalmente, quella di coach Ettore Messina nel corso della conferenza stampa inaugurale della Final Four di Eurolega nella splendida Lanxess Arena di Colonia. La semifinale contro il Barcellona incombe (palla a due venerdì alle 21) e il tema della lunga attesa dell’Olimpia Milano per una partecipazione alla Final Four che mancava dal 1992 è stato già ampiamente sviscerato. Una attesa che però non deve rappresentare una pressione in sé per l’Olimpia made in Armani, che tra le altre cose vuole piuttosto godersi una condizione particolare: quella di non essere la favorita assoluta, rispetto a quanto avviene – per una serie di ovvie ragioni – in Italia.

Il banco di prova per il salto di qualità – Del resto, Supercoppa e Coppa Italia sono già state messe in archivio, oltre al primo posto in regular season, al 3-0 su Trento nel primo turno dei playoff e al netto vantaggio su Venezia in semifinale (2-0 dopo le prime due gare al Forum). Questa è senz’altro una anomalia tutta milanese, visto che l’Armani Exchange è l’unica squadra tra le quattro di Colonia ad essere arrivata qui nel “mezzo del cammin” di una serie di playoff: in Spagna devono ancora iniziare, CSKA Mosca ed Anadolu Efes disputeranno la finale di VTB League e campionato turco una volta tornate a casa. Insomma, qualcosa di meglio si poteva fare da questo punto di vista. Visto il dominio in casa propria, dunque, provare a compiere l’impresa in Germania avrebbe la duplice valenza della chiusura di un cerchio e anche di riproporre il club verso un futuro ancora più splendido.

La ricetta di Messina: “Atletismo e mentalità” – Il cerchio da chiudere è quello dell’eccellenza europea, dopo anni di oggettiva difficoltà: ci si andò vicino solo nel 2014, con le Final Four da giocare in casa e due infortuni maledetti (Keith Langford e Alessandro Gentile) a spegnere ogni poesia prima del playoff contro il Maccabi Tel Aviv. Perfino la prima stagione con Messina in panchina è stata tutt’altro che esaltante, visto che al momento della “chiusura per Covid” il bilancio continentale parlava di 12 vittorie, 16 sconfitte e il 12° posto in classifica. L’estate ha portato consiglio e gli investimenti – mai mancati da quando nel 2008 il Gruppo Armani ha preso il controllo dell’Olimpia – sono stati quelli giusti. “Avevamo bisogno di atletismo e di mentalità competitiva”, dice il coach. Gli fa eco un personaggio che mediaticamente si conosce meno ma che rappresenta uno dei grandi salti di qualità: il general manager Christos Stavropoulos, arrivato nell’estate del 2019 dall’Olympiacos dove aveva conquistato i titoli europei nel 2012 e 2013: “Nella scorsa stagione ci mancava esperienza. Avevamo avuto già ‘Chacho’ Rodriguez, aggiunto Kyle Hines, Gigi Datome, Malcolm Delaney e associato a loro freschezza ed energia con giocatori come Shevon Shields, Zach LeDay e Kevin Punter: un perfetto mix che è stata la chiave della stagione”.

La ‘carta’ Hines, alla nona F4 consecutiva – A proposito di Hines, che ha iniziato la sua carriera europea a Veroli in A2 nel 2008 (allenato da Andrea Trincheri, attuale coach del Bayern Monaco sconfitto da Milano per 3-2 nel playoff), Stavropoulos lo portò all’Olympiacos nel 2011 nel pieno di una grave crisi economica e dovendo ricostruire la squadra con molti ‘underdog’: da allora vanta 9 partecipazioni consecutive alla Final Four, con 4 titoli. “Un vero leader, una persona con cui è piacevole lavorare dentro e fuori dal campo. Siamo molto felici di averlo portato a Milano. Giocatori come lui e Rodriguez sono fondamentali: sono professionisti che mettono il massimo della dedizione e dell’attenzione, sono decisivi per guidare il gruppo”. E sanno come si vince insieme. Lo hanno fatto al CSKA Mosca due anni fa, e sono – formalmente – due campioni in carica.

L’avversario: il Barcellona di Jasikevicius – Nel 2003, i blaugrana sconfiggevano la Benetton Treviso di Ettore Messina: in campo Sarunas Jasikevicius e Juan Carlos Navarro, oggi rispettivamente allenatore e direttore della sezione basket del club (appena insediato con l’avvento del presidente Laporta). In più, è tornato un nome pesantissimo come quello di Pau Gasol, al momento un’addizione di esperienza e qualità nei pochi minuti che il classe 1980 ha potuto garantire finora dopo una lunga inattività. Ma nel Barcellona c’è molto altro: l’impatto di lunghi di qualità e atletismo come Nikola Mirotic e Brandon Davies, il cervello del playmaker Nick Calathes, le mani docili di Cory Higgins e Kyle Kuric sugli esterni, la sostanza di Adam Hanga. Soprattutto, però, una consistenza difensiva straordinaria che l’ha resa la migliore d’Europa per punti subiti.

L’altro fronte: il CSKA dell’azzurro Hackett – Sicuramente non è stata la squadra più fortunata (lungo infortunio del centro Nikola Milutinov), né la più serena (l’ex milanese Mike James messo per due volte fuori squadra, ora furoreggia ai Brooklyn Nets nella NBA). Detto questo, hanno alzato loro l’ultima Eurolega (in finale proprio contro l’Efes) e hanno un Daniel Hackett in eccellente forma, con grandissime responsabilità in più dopo la partenza di James: “La sento sempre, ad ogni allenamento e ogni partita. Per me non è una novità. Nel mio ruolo, soprattutto, si tratta di fare la cosa giusta al momento giusto”. La storia è piena di playmaker decisivi in queste partite: per lui, definitivamente consacratosi all’estero dopo aver vinto in Italia con Siena e Milano, può essere il momento più alto della carriera. Perché ora, quando conta, la squadra di coach Itoudis fa passare la palla sempre più spesso dalle sue mani.

L’Anadolu Efes Istabul (che non perde più) – Prima della pandemia, volava. Ventiquattro vittorie in 28 partite nella scorsa annata europea, nessuno pareva in grado di fermarli. La stagione attuale è iniziata con 8 vittorie nelle prime 17 gare, ma da quel momento in poi l’Efes ha ripreso a essere quasi intoccabile (14 vittorie in 17 gare nel girone di ritorno). Lo spiegano due ex ‘italiani’, Krunoslav Simon (Milano) e Bryant Dunston (Varese): “Abbiamo iniziato con un po’ di problemi e anche di infortuni, questo non ha aiutato. Quando siamo tornati tutti disponibili abbiamo voltato pagina e la musica è cambiata”, dice il primo. “Ricordo una riunione tra noi giocatori, un momento di svolta fondamentale. Ci serviva ritrovare il senso di urgenza necessario per competere a questo livello. Una partita per volta, un quarto per volta, un possesso per volta”. Particolare non secondario: coach Ataman può contare sulla coppia di guardie meno marcabile d’Europa, la scheggia Shane Larkin e l’appena nominato miglior giocatore dell’Eurolega, Vasilje Micic.

Sui media – L’evento sarà visibile integralmente in diretta su discovery+ ed Eurosport Player. Su Eurosport 2 la diretta della prima semifinale alle 18 (CSKA Mosca-Anadolu Efes Istanbul), ma non la gara dei milanesi che non sarà visibile attraverso il decoder Sky, che proprio alla vigilia delle Final FOur ha annunciato l’acquisizione dei diritti tv di Eurolega ed Eurocup per i prossimi tre anni.

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