Saltano sia il criterio del massimo ribasso sia i subappalti liberi: il subappalto sarà “indicato dalle stazioni appaltanti nel bando di gara” e, come avviene oggi, non potrà superare la quota del 40% del valore complessivo dei lavori o delle forniture. In più scompare, lamenta l’Unione delle province italiane, la norma che prevedeva la qualificazione di diritto delle stazioni uniche appaltanti di Province e Città metropolitane. Dovrebbe essere questo il punto di caduta sul decreto Semplificazioni individuato giovedì mattina durante la cabina di regia a Palazzo Chigi con i ministri e il premier Mario Draghi, che ora proporrà ai sindacati la soluzione sul subappalto. Il provvedimento, le cui bozze erano state contestate anche da una parte della maggioranza, andrà all’esame del consiglio dei ministri venerdì e conterrà anche la parte relativa alla governance: per il supporto alla cabina di regia presso palazzo Chigi saranno assunti con contratto a termine fino al 2026 350 “collaboratori, consulenti o esperti, anche estranei alla pubblica amministrazione, scelti tra soggetti dotati di alta e riconosciuta professionalità”. Lo scorso anno su questo punto si erano concentrati gli attacchi Italia viva che avrebbero portato alla caduta del governo Conte.

Il governo ha fretta perché nel Recovery plan inviato a Bruxelles si è impegnato con la Ue a varare il testo entro fine mese. La discussione, giovedì mattina, si è quindi concentrata sui punti più contestati delle bozze, quelle relative appunto agli appalti. Verrà superato il criterio dell’aggiudicazione al massimo ribasso per le opere del Recovery, che secondo i dem avrebbe favorito infiltrazioni criminali nelle gare. Le direttive Ue non vietano di scegliere solo in base al prezzo ma privilegiano il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che tiene conto sia del prezzo sia della qualità tecnica. “L’eliminazione del #massimoribasso è un ottimo segnale. L’avevamo chiesto con forza. Bene”, commenta su Twitter il segretario Pd Enrico Letta. Ma anche Matteo Salvini festeggia lo stop. Destinata ad essere rivista anche l’estensione fino al 2026 della proroga degli affidamenti diretti, già prevista dal decreto Semplificazioni del governo Conte: le deroghe per gli appalti già previste e in vigore vengono prorogate fino a giugno 2023.

Sui subappalti resta la soglia del 40% decisa nel 2019 – Sui subappalti Speranza e Orlando hanno chiesto invece un confronto con le parti sociali e Draghi ha incontrato i segretari della Cgil Maurizio Landini, della Uil Pierpaolo Bombardieri e il confederale Cisl Ignazio Ganga a Palazzo Chigi. “È andata bene, sparisce qualsiasi riferimento al massimo ribasso c’è l’apertura a discutere, sul 40% dei subappalti, su quali possono essere gli elementi qualitativi utili a rafforzare la tutela della sicurezza e della legalità. C’è l’impegni a ridurre le stazioni appaltanti”, ha affermato al termine dell’incontro Pier Paolo Bombardieri, segretario generale della Uil. Secondo quanto riferito, durante l’incontro Draghi ha spiegato che l’accordo con la Commissione Europea è di approvare in Cdm questi due decreti entro la fine di maggio e questo è fondamentale per poter accedere al più presto alla prima tranche dei fondi. Il capo del governo ha inoltre ricordato come fondi del Pnrr vanno spesi necessariamente entro il 2026. E, è stato il suo messaggio, in Italia c’è molto da cambiare per essere sicuri che questo avvenga. Draghi ha quindi ribadito che il Governo intende ridurre le stazioni appaltanti a un numero molto più basso, migliorando la qualità del processo di investimento. Il Governo vuole semplificare per andare avanti il più rapidamente possibile con gli appalti e la realizzazione dei progetti, per spendere i fondi in bilancio, rafforzando le cautele e la tutela del lavoro, ha infine affermato il presidente del Consiglio.

Sui subappalti la proposta avanzata ai sindacati è stata quella prorogare la vigenza della soglia attuale, alzata dal 30 al 40% nel 2019 dal governo Conte 1). Il punto è delicato: secondo i rappresentanti dei lavoratori, Libera, Leu e parti del Pd nel contesto italiano la liberalizzazione rischia di aprire la strada alla criminalità. Ma le direttive europee non prevedono limiti e la Commissione nel 2019 ha aperto nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione per “mancata conformità del quadro giuridico italiano alle direttive del 2014 in materia di contratti pubblici”. Dunque il problema può essere al massimo rinviato, rimandando la decisione finale alla legge delega che il Piano di ripresa e resilienza prevede sia approvata entro fine anno. Secondo Il Sole 24 ore, in base a una comunicazione Ue del 2019 la “limitazione ingiustificata” potrebbe sfociare addirittura in un taglio del 5% dei fondi assegnati all’Italia.

Salta l’articolo sulla qualificazione delle stazioni appaltanti – Per quanto riguarda le stazioni uniche appaltanti la modifica è apparentemente meno rilevante, ma in realtà la questione è centrale: la qualificazione delle centrali che gestiscono gli appalti è prevista dal Codice del 2016, ma non è mai andata in porto a causa delle resistenze dei Comuni che non vogliono mollare i cordoni della borsa. E in questo hanno sempre trovato la sponda della politica. La bozza del decreto Semplificazioni prevedeva innanzitutto che la qualificazione fosse conseguita, oltre che in rapporto ai bacini territoriali, alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d’importo, anche “avuto riguardo all’esperienza pregressa, all’adeguatezza del personale, al possesso di strumentazione adeguata ai livelli di qualificazione richiesti rispetto all’ambito territoriale di competenza”. Inoltre veniva disposta l’iscrizione di diritto nell’elenco delle stazioni qualificate, accanto a Ministero delle infrastrutture, Consip, Invitalia e alle centrali regionali, anche quelle di province e città metropolitane. L’articolo, nelle nuove bozze in circolazione in queste ore, è stato stralciato. Il presidente dell’Upi Michele de Pascale fa notare che “il ministro Franco ha quantificato in oltre 80 miliardi le risorse che dovranno essere gestite dagli Enti territoriali, con una tempistica serrata. Le Stazioni Uniche Appaltanti di Province e Città metropolitane sono strutture strategiche in questo processo. Invitiamo tutti a considerare quanto questa norma abbia importanza per assicurare alle imprese che opereranno anche per le piccole realtà locali di avere a disposizione strutture professionali e affidabili“.

“Approccio unitario a governance, semplificazioni e reclutamento nella pa” – All’incontro a Chigi c’erano i ministri Daniele Franco, Vittorio Colao, Roberto Cingolani, Enrico Giovannini, Andrea Orlando, Dario Franceschini, Massimo Garavaglia, Renato Brunetta, Elena Bonetti, Roberto Speranza, Fabiana Dadone e il sottosegretario Roberto Garofoli. Giancarlo Giorgetti era collegato da Bruxelles. Fonti della presidenza del Consiglio hanno fatto sapere che durante la cabina di regia si è convenuto che il governo, nel costruire i tre pilastri essenziali per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, seguirà “un approccio unitario complessivo che riguarderà contestualmente la progettazione della governance del Pnrr, le semplificazioni normative e un piano di reclutamento nella Pubblica Amministrazione” perché sono “presupposto necessario per poter associare alla complessità del Pnrr un quadro normativo appropriato, un modello di gestione efficace e un’adeguata disponibilità di competenze“.

Prima della cabina di regia Draghi aveva visto il segretario del Pd Enrico Letta, con cui ci sono state nei giorni scorsi frizioni sulla proposta di aumento della tassa di successione e sulle richieste di modifiche alle norme sugli appalti previste nelle bozze del provvedimento. Secondo Letta il colloquio è stato “lungo e proficuo” e ci sono state “sintonia piena e determinazione ad accelerare le riforme su giustizia, fisco, lavoro e semplificazioni che sono alla base del patto con l’Ue, riforme per le quali porteremo le nostre idee e troveremo le migliori sintesi”. Il segretario dem, su Rai3, ha anche rilanciato sulla tassa: “Non c’è nessuno del ceto medio toccato da questa misura. Negli anni è stata fatta una operazione per la quale sono state tolte tasse ai ricchissimi e la gente normale difende i ricchissimi ai quali sono state tolte tasse, è incomprensibile. Io spingo perché quelle risorse siano utilizzate per la dote ai 18enni”.

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