Il numero uno dell’Anac Raffaele Cantone ha “sospeso il giudizio”, ma ha anche ribadito che alcune decisioni della maggioranza “paiono troppo attente all’idea del ‘fare’ piuttosto che a quella del far bene”. Le opposizioni vanno all’attacco, parlando di “autostrade per la corruzione”. Per il capogruppo M5s al Senato Stefano Patuanelli il compromesso trovato con la Lega sul decreto Sblocca cantieri, approvato giovedì dal Senato, ha luci e ombre. La proroga fino al 2020 dell’appalto integrato ereditato dalla Legge Obiettivo berlusconiana, che consente di affidare progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori alla stessa impresa, risponde alle richieste dell’Anci ma lascia in campo il rischio delle distorsioni del passato e delle usuali lievitazioni dei costi. E permettere ai piccolissimi Comuni per altri due anni di continuare a fare le gare “in proprio” – in attesa del nuovo Codice previsto dal ddl delega sulla materia – è stata una scelta obbligata visto che il previsto e auspicato sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti non è mai entrato in vigore. In compenso Patuanelli rivendica il nuovo criterio di aggiudicazione che esclude automaticamente le offerte al massimo ribasso e dovrebbe ridimensionare l’incentivo a proporre varianti in corso d’opera che aumentano il prezzo a consuntivo.

Il nuovo articolo 97 del Codice infatti modifica radicalmente la metodologia da utilizzare per decidere quali offerte escludere perché il prezzo è eccessivamente stracciato e quindi “incongruo“. “Prima veniva fissata una soglia di anomalia ma poi le imprese che avevano fatto offerte inferiori potevano presentare giustificativi”, spiega Patuanelli, che è ingegnere edile e fino all’elezione è stato socio di uno studio di progettazione e direzione lavori. “Ne ho visti di divertenti… “Mio fratello ha un impianto di betonaggio e mi fa pagare poco il calcestruzzo“. Il risultato era che venivano riammesse alla gara per non rischiare ricorsi. E il massimo ribasso rientrava dalla finestra. Ora invece l’esclusione di chi è sotto la soglia di anomalia diventa automatica e nel caso le offerte siano oltre 15 la soglia sarà calcolata con un calcolo logaritmico che il Mit potrà modificare nel tempo. Così le imprese non saranno in grado di calcolarla e poi regolarsi di conseguenza. La vincitrice sarà infine individuata scegliendo quella che ha proposto un ribasso poco inferiore alla soglia di anomalia”.

Il capogruppo pentastellato difende anche l’intesa che fissa al 40% dell’importo complessivo dei lavori la quota massima che si potrà dare in subappalto. La Lega puntava a togliere del tutto il tetto, appellandosi al fatto che l’Ue ha avviato nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione per aver imposto limiti troppo restrittivi (prima della modifica il limite massimo era al 30%) a una pratica che le direttive europee chiedono al contrario di favorire anche con questa pratica la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici. “La realtà italiana ovviamente è diversa da quella di altri Paesi europei, quindi abbiamo puntato su una via di mezzo con una novità: la soglia che prima era orizzontale diventa flessibile, perché l’amministrazione potrà subappaltare totalmente una parte dell’opera a patto che il valore non superi il 40% del costo totale”.

Più criticità sul fronte dell’appalto integrato, per il quale il Codice del 2016 prevedeva un periodo transitorio dopo il quale sarebbe uscito di scena e che viene invece prorogato al 2020. “Questo nelle more di una revisione complessiva. Come Movimento non abbiamo certo fatto le barricate in favore della proroga. E siamo consapevoli che occorrerà monitorare con più attenzione le opere affidate in questo modo e l’affidamento della direzione lavori diventerà cruciale: deve trattarsi di una parte davvero terza a garanzia del livello dell’opera e del rispetto del quadro economico. Da questo punto di vista la legge Bersani che ha abrogato le tariffe minime per i professionisti non ha certo aiutato. Se gli architetti e i geometri sono pagati un decimo di quanto dovrebbero questo non va a vantaggio della qualità”.

Le critiche dell’Anac si sono però concentrate soprattutto sulle nuove soglie per l’affidamento diretto dei lavori. “E’ possibile che faciliti chi già ha intenzione di procedere con metodi illeciti”, ammette Patuanelli. “Ma ora con la legge Spazzacorrotti abbiamo gli strumenti per scoprire e reprimere. Non deve passare il principio che a causa del rischio corruzione le nostre mini e micro imprese che non sono in grado di destreggiarsi nella burocrazia delle gare sono destinate ad essere escluse dal mercato dei lavori pubblici”. Comunque nel testo finale approvato dal Senato “abbiamo riportato a 150mila euro, dai 200mila previsti nella versione uscita dal consiglio dei ministri, il tetto sotto il quale si può scegliere l’impresa che farà i lavori dopo aver confrontato tre preventivi. Questo perché abbiamo ascoltato le perplessità espresse da Cantone quando è stato audito in Commissione Lavori pubblici. E il presidente Anac ha chiarito che lo preoccupa di meno la situazione in cui la consultazione è allargata a 10 operatori come previsto per i lavori oltre i 150mila euro (diventano 15 tra i 350mila e 1 milione di euro, ndr)”.

La modifica di fondo prevista dal decreto in fase di conversione è però che le linee guida dell’Anac che integravano la disciplina del Codice varato nel 2016 dal governo Renzi vanno in soffitta, sostituite da un regolamento unico approvato con decreto del Presidente del Consiglio su proposta del ministro delle infrastrutture. Lo stesso Cantone ha detto di “non sentirsi di criticare questa opzione” perché “la regolazione flessibile non è stata positivamente accolta dalle amministrazioni, abituate a regole rigide piuttosto che a criteri che richiedono l’esercizio di maggiore discrezionalità”. “Il modello di soft law non era sbagliato di principio”, commenta Patuanelli, “ma il risultato è stato che gli addetti ai lavori oltre a leggere il Codice dovevano far riferimento a 11 linee guida e 80 comunicati dell’Autorità: questo complica le cose e lascia spazi interpretativi alla giurisprudenza. Da questo punto di vista meglio un unico regolamento snello”. Per farlo ci sono 180 giorni di tempo, ma l’obiettivo è fare in fretta e vararlo entro l’autunno.

Restano perplessità infine sulla scelta di lasciare mano libera ai piccoli Comuni, che fino al 2020 non saranno tenuti a rivolgersi a una stazione appaltante centralizzata per fare le gare. “L’abbiamo deciso prendendo atto che il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, che io condivido pienamente, non è andato in porto. Spero che lo recupereremo in sede di attuazione del ddl delega per la riforma definitiva del Codice, coinvolgendo di più gli enti locali che su questo hanno fatto resistenza. Nell’attesa abbiamo dato la possibilità ai sindaci di procedere da soli quando ne hanno le capacità”.

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