Governo nel mirino – con tanto di attacchi incrociati anche all’interno della maggioranza – per i contenuti delle bozze del decreto Semplificazioni, primo provvedimento promesso alla Commissione europea per velocizzare le opere infrastrutturali e in generale tutti gli appalti del Recovery Plan. L’esecutivo di Mario Draghi è già in ritardo, perché nel Pnrr aveva previsto di vararlo entro giovedì scorso. Ma l’iter è decisamente in salita: il ritorno dell’appalto integrato unito al criterio di aggiudicazione basato sul massimo ribasso, oltre alle vistose deroghe alle procedure ordinarie tra cui una Soprintendenza ad hoc per le opere del piano, hanno fatto salire sulle barricate le sigle di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl, Uiltucs e Uiltrasporti, l’associazione Libera, una parte del Pd, Leu e Sinistra italiana.

I sindacati sono pronti allo sciopero generale contro la liberalizzazione del subappalto e in allarme per il rischio di “tornare ai peggiori anni ’50, alla giungla nei cantieri, all’apertura agli illeciti, al cottimo“. Libera avverte come “illudersi di velocizzare le procedure per questa via è una strategia miope e rischiosa, che apre la strada ad una liberalizzazione di fatto potenzialmente criminogena delle gare d’appalto, un vero e proprio ‘liberi tutti’ per mafie e corruzione“. Posizione condivisa dall’ex ministra delle infrastrutture dem Paola De Micheli: “Il Pd non può consentire il ritorno del massimo ribasso negli appalti, perché in quelle pieghe si inseriscono le mafie. Bisogna proteggere il lavoro e i cantieri della mafie”. Il segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni dal canto suo evoca “paghe da fame e sfruttamento, lavoro in nero, rischi concreti di infortuni causati dalla minore sicurezza” nel caso in cui i contenuti delle bozze fossero confermati: “Sarebbe di una gravità e di un’ipocrisia senza precedenti”. E per Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera, “Liberalizzare l’utilizzo senza limiti dei subappalti per velocizzare le opere pubbliche è un rimedio ben peggiore del male. La velocizzazione necessaria per rispettare i tempi del Recovery non può e non deve significare meno sicurezza per i lavoratori e abbassare l’asticella nel contrasto alle infiltrazioni della criminalità organizzata”.

Il decreto invece piace ai sindaci del Pd: il coordinatore Matteo Ricci, sindaco di Pesaro, su twitter parla di anticipazioni “molto positive. Come chiesto dai sindaci Dem., l’Italia ha bisogno di velocità per rinascere. Serve un Paese più semplice per cogliere l’opportunità storica del Recovery e degli ecobonus. Pieno sostegno al Governo Draghi”.

Le bozze: subappalto libero, appalto integrato con affidamento in base al massimo ribasso – Le bozze, al momento ancora oggetto di riunioni continue tra i tecnici dei ministeri, nel loro schema generale saranno anticipate agli uffici della Commissione. Per gli appalti si preannuncia una proroga fino al 2026 delle deroghe introdotte la scorsa estate dal governo Conte, ma con alcune novità indigeribili per i sindacati a partire dalla liberalizzazione del subappalto. Che contestano in particolare la liberalizzazione del subappalto, la cui soglia (la quota di lavori che chi vince una gara può affidare ad altri) era già stata aumentata due anni fa dal 30 al 40% per rispondere alle contestazioni della Corte di giustizia europea secondo cui i limiti imposti dall’Italia erano troppo restrittivi e limitavano la partecipazione delle piccole e medie imprese agli appalti pubblici. Cambierebbero anche le soglie per gli affidamenti diretti già modificate più volte negli ultimi anni: sale da 75.000 a 139.000 euro la soglia dei contratti senza gara di servizi e forniture, mentre l’affidamento dei lavori sarà sottoposto a procedura negoziata senza bando per i contratti di importo compreso tra i 150.000 euro e un milione di euro, con la consultazione invece di almeno dieci operatori solo per le opere dal valore pari o superiore a un milione. Viene dunque aumentata di molto la soglia attuale che prevede l’invito al negoziato di 10 imprese già per opere da 350mila euro a 1 milione (diventano 15 fino a 5 milioni e oltre quella cifra la procedura negoziata è utilizzabile nel caso in cui “la realizzazione è necessaria per il superamento della fase emergenziale o per far fronte agli effetti negativi” del Covid).

Ma soprattutto, sempre stando alle bozze, torna il cosiddetto ‘appalto integrato‘, in cui progettazione ed esecuzione dei lavori possono essere oggetto della stessa gara e quindi affidati allo stesso aggiudicatario. Viene abrogato infatti, per le opere del Recovery, il divieto di affidamento congiunto previsto dal Codice degli appalti. Si torna così al general contractor, l’appaltatore che si occupa in un colpo solo di progettazione, esecuzione e collaudo. Era previsto dalla famigerata Legge Obiettivo del governo Berlusconi, definita “criminogena” da Cantone e fu riportato in vita con il decreto Sblocca cantieri del Conte 1. All’epoca però, come aveva rivendicato l’allora ministro Stefano Patuanelli, il criterio di aggiudicazione escludeva automaticamente le offerte al massimo ribasso. Che ora invece rientrano dalla finestra: “L’aggiudicazione – si legge nelle bozze – può avvenire sulla base del criterio del prezzo più basso”. Prezzo che poi, in corso d’opera, tende ovviamente a lievitare con il “gioco” delle varianti.

Quanto ai controlli ambientali e in materia di impatto paesaggistico, al Mite si accelererebbero i tempi per la valutazione di impatto ambientale con l’istituzione di una sorta di ‘supercommissione’ con 40 esperti, oltre all’identificazione di progetti “indifferibili” legati alla transizione ecologica. Alle riunioni della commissione partecipa, con diritto di voto, anche un rappresentante del Ministero della cultura. La commissione darà precedenza ai progetti che abbiano un “valore economico superiore a 5 milioni di euro” o “una ricaduta in termini di maggiore occupazione attesa superiore a 15 unità di personale, nonché ai progetti cui si correlano scadenze non superiori a 12 mesi”. La mediazione di questi giorni tra Ambiente e Infrastrutture ha portato infine all’introduzione di un nuovo sistema per le autorizzazioni paesaggistiche, con partecipazione a monte delle decisioni sui luoghi dove collocare le infrastrutture, e alla creazione di una Soprintendenza unica per le opere del Pnrr.

Sindacati all’attacco: “Incoerente con obiettivi di inclusione e lotta al sommerso” – I sindacati di categoria sono pronti allo sciopero se il governo non modificherà le bozze. Le sigle sottolineano che “la scelta indicata dal Governo non è peraltro coerente con gli obiettivi indicati in tema di innovazione, riqualificazione, rigenerazione, qualità dei servizi, inclusione e lotta al sommerso, così come si prova a far emergere dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza“. L’introduzione del massimo ribasso generalizzato e liberalizzazione del sub appalto, spiegano, “significa, di fatto, compiere una scelta astraendosi dalla realtà” che vede “centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che, negli appalti di servizi, vivono spesso inseguendo imprese che non pagano stipendi, dove è necessario avviare vertenze per recuperare le competenze di fine rapporto in aziende che svaniscono nel nulla, che ad ogni cambio appalto vedono decurtare le proprie ore di lavoro in un ricorso già importante a contratti part time involontario”. “Se le proposte su subappalto e massimo ribasso dovessero essere approvate, il sistema delle costruzioni verrebbe ulteriormente indebolito”, spiega Enzo Pelle, segretario generale aggiunto della Filca-Cisl nazionale. “I rischi sono tanti: più imprese potrebbero accordarsi in anticipo per ‘dividersi‘ l’affidamento; il massimo ribasso non consentirebbe il mantenimento degli standard qualitativi; la possibilità di subappaltare la quasi totalità dell’opera metterebbe a rischio la sicurezza dei lavoratori impegnati”. Il principio del massimo ribasso “cozza con l’innovazione e la qualità dell’intera filiera. Siamo fortemente preoccupati che i subappaltatori risparmino sulla pelle degli operai, quindi sulla loro sicurezza. Invece bisogna dare qualità alle maestranze se vogliamo opere di qualità”. Che fare quindi? “Il subappalto va gestito e governato. È per questo che proponiamo la qualificazione delle stazioni appaltanti, la riqualificazione delle imprese di costruzioni e delle maestranze e l’attuazione della Patente a punti prevista dal Testo Unico sulla Sicurezza ma rimasto lettera morta. Le oltre 30mila stazioni appaltanti andrebbero sfoltite e qualificate”, cosa peraltro prevista dal Pnrr. “Quelle di livello regionale e delle Città Metropolitane devono subito assumere personale specializzato, indispensabile per il cambio di passo. La seconda proposta mira a sostenere le reti di impresa e favorirne la costituzione” perché “in Italia nelle costruzioni ci sono solo 80 grandi imprese attive per 52 mila addetti, contro le 262 tedesche (289 mila occupati), 229 francesi (152 mila), 119 spagnole (108 mila)”.

Libera: “Contrasto e prevenzione vanno rafforzati, non aggirati” Sulle barricate anche Libera: “La pericolosa logica emergenziale della ‘fuga dalle regole’ allarga il suo raggio di applicazione e si estende all’intero arco temporale di gestione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza”, nota l’associazione fondata da Don Ciotti. “Torna nella bozza il cosiddetto ‘appalto integrato, in cui progettazione ed esecuzione dei lavori sono oggetto della stessa gara e quindi affidati allo stesso aggiudicatario, con una pericolosa commistione di ruoli che depotenzia la funzione pubblica di programmazione e controllo. Per le opere del Recovery viene infatti abrogato il divieto di affidamento congiunto previsto dal Codice degli appalti e l’aggiudicazione può avvenire sulla base del criterio del prezzo più basso. Un meccanismo dagli effetti negativi ben noti: deresponsabilizzazione delle stazioni appaltanti da un lato, dall’altro gli incentivi per le imprese a recuperare sui costi con accordi collusivi, perizie suppletive e varianti d’opera, oppure allentando le tutele alla sicurezza dei lavoratori”. “Illudersi di velocizzare le procedure per questa via – osserva l’associazione – è una strategia miope e rischiosa”. In Italia “da sempre le infiltrazioni di consorterie mafiose e corruttive hanno trovato terreno fertile nella gestione emergenziale degli appalti. Proprio in questa fase cruciale di rilancio degli investimenti pubblici, con l’attuazione dei progetti inseriti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, gli strumenti di contrasto e prevenzione di mafie e corruzione vanno rafforzati e resi più efficienti, non aggirati e indeboliti. Riteniamo che il generico richiamo all’applicazione di presunti – e condivisibili – principi di semplificazione e velocizzazione nasconda in realtà la sostanziale e pericolosa deregolazione e liberalizzazione del sistema-appalti”.

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