Carcere a vita per il barelliere della cosiddetta “ambulanza della morte“. La I corte d’Assise di Catania ha condannato all’ergastolo Davide Garofalo, 46 anni, accusato di omicidio aggravato e estorsione aggravata dal metodo mafioso. La storia era stata raccontata in un servizio del programma televisivo Le Iene nel 2017. Battezzata dalle cronache con un titolo evocativo – “l’ambulanza della morte“, usato poi anche dalla compagnia dei carabinieri di Paternò come nome in codice per le indagini – la storia ha fatto il giro del mondo. La Procura, con il pm Andrea Bonono, aveva chiesto per Garofalo la condanna a 30 anni di reclusione.

Sullo sfondo, le cosche mafiose di Paternò che gestiscono i servizi di onoranze funebri. Stando alle accuse, Garofalo – tra il 2014 e il 2016 – ha ucciso tre persone iniettando loro dell’aria in vena causandone il decesso. In tutti e tre i casi si trattava di persone anziane e malate per le quali si era reso necessario il trasporto in ambulanza privata. La tecnica, contesta la procura di Catania, era quella di iniettare a pazienti terminali un’iniezione d’aria nelle vene, nel tragitto su ambulanze private dall’ospedale a casa, procurando il loro decesso per embolia gassosa e sostenendo che erano morti per cause naturali. Obiettivo guadagnare i 200-300 euro di ‘regalo’ che la famiglia gli avrebbe dato per la ‘vestizione’ della salma. Soldi che sarebbero stati poi divisi con i clan mafiosi di Biancavilla e Adrano. Nell’ambito dello stesso procedimento è imputato, per un altro decesso, il barelliere Agatino Scalisi, ma il processo, che pure si celebra con il rito abbreviato, non è stato ancora definito.

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