Ventuno persone sono state arrestate dalla Guardia di Finanza con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, alla truffa ai danni di istituti di credito e truffa sui finanziamenti e contributi pubblici per il Covid, alla bancarotta fraudolenta e all’autoriciclaggio. In 6 sono finiti in carcere e altri 15 ai domiciliari. Sequestrati anche beni per un valore di circa 40 milioni di euro, riconducibili a 58 indagati. Gli accertamenti svolti durante l’emergenza Covid-19 su numerose attività con sede nelle province di Milano, Monza, Como, Pavia, Bergamo e Piacenza hanno permesso di individuare 8 società che hanno chiesto alle banche sei finanziamenti, garantiti dal Fondo centrale di garanzia Pmi in base al decreto Liquidità per oltre 224mila euro, nonché 6 “contributi a fondo perduto” previsti dal decreto Rilancio, dal decreto Agosto, nonché dai dl Ristori e Ristori bis, per un importo complessivo di oltre 61mila euro, confluiti sui conti correnti oggetto del sequestro.

I presunti dominus della vicenda sono un commercialista milanese, un consulente fiscale di Cologno Monzese e un imprenditore calabrese residente a Bergamo. La rete costituita con lo scopo di realizzare truffe e frodi fiscali, emerge dalle indagini, è composta da tre filoni societari con i quali gli arrestati hanno avuto accesso al Fondo di Garanzia dello Stato riservato alle piccole e medie imprese per l’emergenza Covid, riuscendo ad accaparrarsi in totale 4 milioni di euro, oltre ad altre forme di finanziamento ottenute dalle banche. I ventuno arrestati avrebbero operato all’ombra sia di società fittizie, formalmente operative in vari settori tra cui l’edilizia e il noleggio di elicotteri, che di società invece attive nel settore della fornitura di manodopera e del packaging per la grande distribuzione.

Le indagini dei finanzieri, coordinate dal pm di Monza Rosario Ferracane, hanno preso il via da una verifica ad un consulente fiscale di Cologno Monzese, nel cui studio sono risultate domiciliate le sedi di alcune società ‘scatole vuote’, con le quali tesseva rapporti commerciali. I finanzieri della compagnia di Sesto San Giovanni sono così risaliti a tutti e tre i filoni societari risultati coinvolti nella maxi frode, con sedi tra le province di Monza, Milano, Piacenza e Bergamo, all’imprenditore calabrese, al commercialista e ad un faccendiere. Gli altri 37 indagati, emerge dall’inchiesta, si sarebbero occupati delle fatturazioni per operazioni inesistenti o dello svuotamento di capitale dai conti societari, poi destinati all’acquisto di beni o dirottati su conti correnti anche all’estero. I militari impiegati nei blitz hanno sequestrato immobili, auto di lusso, orologi di marca, conti correnti ed anche una pistola.

IL DISOBBEDIENTE

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