Joe Louis aveva assistito al Caesar Palace di Las Vegas, dove era una presenza fissa, al match vinto da Larry Holmes su Trevor Berbick. A bordo ring in sedia a rotelle, non era lucido, convivendo da tempo con molti guai psicofisici. Poche ore dopo l’incontro un attacco cardiaco è stato fatale ad uno dei più grandi pugili di tutti i tempi. Trasportato all’ospedale Desert Spring, Louis è passato a miglior vita il 12 aprile 1981. Aveva 66 anni. La sua esistenza era stata dissoluta, aveva iniziato a flirtare con le droghe, eroina soprattutto, già dagli anni cinquanta. L’amico Frank Sinatra gli aveva pagato i tanti ricoveri dell’ultimo periodo. I soldi nelle tasche dell’ex campione mondiale dei pesi massimi erano sempre troppo pochi. La salute, specialmente il cuore, cagionevole.

Joseph Louis Barrow, così per l’anagrafe di LaFayette in Alabama dov’è nato nel 1914, è stato un simbolo degli Stati Uniti già prima della Seconda Guerra Mondiale. Il nazismo subì un duro colpo proprio grazie a Louis che il 22 giugno 1938 sconfisse il tedesco Max Schmeling. Allo Yankee Stadium di New York c’erano 70mila spettatori. Quel giorno il pugilato è diventato qualcosa oltre lo sport. Si è trasformato in politica. Si è fatto storia. Joe rappresentava infatti l’America democratica di Roosevelt, Max la Germania nazista di Hitler. I due in realtà si rispettavano e diventeranno in seguito grandi amici, come spesso succede nella boxe.

Destro e sinistro e dopo 124 secondi il tedesco andò sulle corde, altri due colpi e l’arbitro fu costretto a fermare l’incontro. Roosevelt sconfisse Hitler, quando la Seconda Guerra Mondiale non era ancora scoppiata, ma il Fuhrer in primavera aveva già invaso l’Austria e nei campi di concentramento era già cominciata l’eliminazione fisica di milioni di ebrei, sinti, omosessuali e prigionieri politici. Hitler chiedeva con le vittorie nello sport di esaltare la superiorità razziale del popolo germanico. Louis-Schmeling è probabilmente il più importante incontro nella storia del pugilato.

Nato in Alabama e cresciuto a Detroit, Louis nel 1937 è diventato il primo atleta di colore dopo Jack Johnson a conquistare il titolo dei pesi massimi. Era successo a Chicago quando aveva sconfitto in otto riprese James “Cinderella Man” Braddock. La carriera da professionista del Bombardiere Nero era iniziata tre anni prima, la sconfitta numero uno l’aveva subita nel 1936 proprio da Max Schmeling. Ma aveva saputo riprendersi alla grande. È stato infatti campione mondiale dei pesi massimi dal 1937 al 1950. In tutto 68 vittorie, 54 per ko. Tra le sue “vittime” anche l’italiano Primo Carnera.

L’ultimo incontro di una carriera splendida lo vede sconfitto con il più giovane Rocky Marciano, ma ormai Joe Louis, il pugile che aveva fatto sparring anche con Ernest Hemingway, era diventato leggendario. Un uomo che era riuscito ad avere un impatto culturale anche al di fuori dello sport. È considerato il primo afroamericano ad essere diventato un eroe nazionale. Questo non gli ha evitato tuttavia una fine così malinconica e dolorosa. Louis è stato sepolto al Cimitero Nazionale di Arlington con tutti gli onori militari.

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