di Alessandra Aceti

Il mondo dell’arte è indubbiamente uno tra i più colpiti dalla pandemia di Covid-19. Ma non per questo è altrettanto indebolito. Sebbene, di fronte a questa crisi senza precedenti, priorità, seconda soltanto alla salute, sia stata data al commercio e all’economia, l’arte sembra oggi reclamare a gran voce il proprio ruolo. In Italia così come in Europa, aumenta oggi l’impeto e la protesta per la riconquista degli spazi dell’arte e della cultura.

La riapertura al pubblico dell’iconico polo artistico parigino Rivoli 59 ne è un esempio lampante. A partire dalle scorse settimane, dopo mesi di chiusura (dal 30 ottobre 2020), questo collettivo di artisti ha allestito una nuova galleria d’arte al 59bis di Rue de Rivoli, accanto alla sua sede nello storico edificio haussmaniano di sei piani, nel rispetto delle misure sanitarie e delle ordinanze del Mairie de Paris in vigore. Così, nel cuore della città, a metà tra il Louvre e Notre Dame, in una delle strade più trafficate e dense di attività commerciali di Parigi, oggi amanti dell’arte e passanti tornano a godere delle meraviglie che questo nuovo spazio espositivo offre.

Questa riapertura si inserisce in un contesto di grande fervore, una serie di movimenti volti a mantenere l’arte per quanto più possibile viva e fiorente durante e nonostante la crisi sanitaria. Così si è espressa ad esempio Emma Lavigne, Direttrice del Palais de Tokyo, nel suo recente appello a “restare aperti, restare curiosi, restare inventivi”.

Aumentano intanto anche le manifestazioni di protesta. L’Accademia delle Belle Arti di Napoli viene occupata dagli studenti, che non solo esprimono il forte disagio di fare arte tramite la didattica a distanza, ma soprattutto denunciano la mancata progettualità per un ritorno in presenza.

A ciò si aggiunge l’occupazione, iniziata giovedì 4 marzo, di uno dei luoghi simbolo della cultura europea, l’Odéon, il Teatro dell’Europa. Dopo le occupazioni portate avanti nel 1968 e nel 2016, l’Odéon è di nuovo al centro del dibattito e si pone oggi come roccaforte e baluardo della cultura. I manifestanti, principalmente intermittenti dello spettacolo e lavoratori nel settore della cultura, reclamano contro una “culture sacrifiée” e richiedono il prolungamento delle misure di “année blanche” e l’apertura di negoziazioni sulle condizioni di riapertura dei luoghi culturali.

Su questa stessa scia, il movimento di rivendicazione degli spazi e delle attività culturali ha coinvolto anche altri teatri e sale musicali: ad oggi, una ventina di luoghi culturali sono occupati in Francia. In attesa della risposta del Governo francese, che si è riunito per valutare l’eventuale accoglimento delle richieste, l’Italia sembra già (o finalmente) istituzionalizzare la rilevanza dell’arte e della cultura nella crisi sanitaria ed economica attuale.

Secondo quanto annunciato dal Ministro della Cultura Dario Franceschini, infatti, il 27 marzo, Giornata mondiale del Teatro era stato individuato come data verosimile di riapertura di musei, cinema e teatri nelle zone gialle d’Italia. Data che, alla luce del nuovo Decreto Draghi, sarà tuttavia soggetta a rinvio.

Ciononostante, come precedentemente auspicato dallo stesso Ministro Franceschini, l’Italia aspira ad essere l’apripista in Europa verso il riconoscimento e la riaffermazione del ruolo dell’arte e della cultura oggi.

D’altronde, secondo le parole di Luigi La Ferla, mosaicista italiano del Rivoli 59, “la crisi sanitaria che viviamo oggi è complessa e l’arte non basta come medicina. Il Covid, però, ha catalizzato le nevrosi della società e l’arte può essere una buona terapia per combatterle”.

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