Pensavamo che il nostro Paese non avesse più a che fare con alcuna guerra? Non è così. Il business delle armi e il suo ruolo negli equilibri geopolitici, le indagini della magistratura, gli scenari di guerra tra testimonianze esclusive, documenti inediti e traffici illegali sono al centro dell’inchiesta di PresaDiretta La dittatura delle armi di Giulia Bosetti, Marianna De Marzi, Pablo Castellani, Raffaele Manco e Alessandro Marcelli in onda lunedì 22 marzo alle 21.20 su Rai3. Ecco un’anticipazione di uno dei temi della puntata in esclusiva su ilfattoquotidiano.it.

Secondo i report dell’Unione Europea sull’export di armi, dal 2018 l’Italia è il Paese che esporta più munizione pesanti alla Turchia: bombe, siluri, razzi, missili, oltre 122 milioni di euro in tre anni vendute soprattutto dalla Mes di Colleferro, in provincia di Roma e poi dalla Rwm di Domusnovas in Sardegna. Ma la collaborazione tra Italia e Turchia, va ben oltre queste forniture. Per capirlo, PresaDiretta è andata a Istanbul per incontrare Cem Gürdeniz, ex ammiraglio della Marina Militare turca, figura chiave delle politiche di difesa navali del presidente Erdogan. “Ci sono molte aree di cooperazione con l’Italia nel settore militare – risponde l’ex ammiraglio, intervistato da Giulia Bosetti – Quando ero a capo della divisione piani e politiche del quartier generale della Marina Militare turca c’erano progetti comuni specialmente nel settore delle armi da fuoco e degli elicotteri. A dicembre scorso le navi da guerra italiane e turche hanno fatto delle esercitazioni molto importanti nel Mar Mediterraneo e ci sono contratti per la produzione di cannoni navali e da terra, sull’artiglieria e sugli elicotteri militari”.

A ottobre del 2019 era stato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a dichiarare che l’Italia avrebbe smesso di vendere armi alla Turchia. Ma non è andata proprio così, la vendita di armi è continuata anche nell’ultimo anno. “Assolutamente”, conferma l’ex ammiraglio. “Non c’è stato alcun problema tra noi e l’Italia”.

Che non ci sia stato alcun problema tra i due paesi lo conferma anche l’ultima relazione dell’Unione Europea. L’Italia è diventata in assoluto il principale fornitore di armamenti alla Turchia di tutta l’Ue: 338 milioni di euro solo nel 2019. E l’intreccio degli interessi dell’industria militare dei due paesi è sempre più stretto. La Beretta, la più famosa fabbrica italiana di armi, possiede uno stabilimento nella zona industriale di Istanbul e Leonardo, la società produttrice di armi partecipata dallo Stato italiano, ha una sede ad Ankara, la capitale, e subappalta le sue produzioni militari alla turca Onuk-Bg Defence Systems Research.

A PresaDiretta, Baris Gumusluoglu, produttore di armi turco subappaltatore di Leonardo, direttore di Onuk, mostra le fotografie e le componenti dei cannoni navali che costruisce per l’azienda militare italiana. “E’ stato il primo progetto che abbiamo sviluppato insieme a Leonardo: abbiamo realizzato il design dello scudo del cannone in fibra di carbonio e ora si trova su una nave della Marina militare turca”.

E non solo. Adesso Gumusluoglu sta lavorando ad una nuova componente molto delicata. “Non ve lo posso mostrare – dice a Giulia Bosetti – perché si tratta di un progetto sensibile, una delle parti di un nuovo sistema d’arma di Leonardo sviluppato per uso navale”. Un altro cannone da spedire in Italia? “Sì, certo, a Brescia”. Avete molti ordini con Leonardo? “Sì, siamo uno dei più importanti subappaltatori della Divisione Sistemi di Difesa di Leonardo”. Onuk spedisce le componenti in Italia e l’Italia vende i sistemi d’arma alla Turchia, perché il governo di Erdogan ha puntato sempre di più sul settore militare. L’ultimo report dell’industria turca della Difesa e dell’Aerospazio mostra che nel 2019 la Turchia ha importato armamenti per 3 miliardi e 88 milioni di euro, ma ha investito moltissimo anche nella produzione interna.

“Tra il 2002 e il 2020, da quando il partito del presidente Erdogan è al potere, il numero di aziende che producono armi in Turchia è salito da 50 a 1500” dice Sezai Temelli, presidente di Hdp, il Partito democratico dei popoli.

Solo nei primi sei mesi del 2020 l’Italia ha esportato in Turchia 60 milioni di euro di armi, soprattutto munizioni pesanti. E come vengono utilizzate? “Lo sa tutto il mondo come e dove sono state usate le armi dalla Turchia – spiega Temelli -: contro i curdi nella regione del Rojava in Siria e nel Kurdistan iracheno”. “Le operazioni militari nel nord dell’Iraq vanno avanti senza sosta, perché la Turchia vuole esercitare la propria egemonia su tutto il popolo curdo. Giustifica qualsiasi attacco con la lotta al terrorismo, ma viola le regole della Nato e commette crimini di guerra”. Si chiamano T-129 Atak gli elicotteri prodotti in Turchia dalla Tai, azienda militare pubblica, su licenza italiana: li ha progettati Leonardo con il nome AW129. I famosissimi Mangusta. Un affare da oltre un miliardo di euro siglato ormai da anni.

Il 17 giugno 2020, la Turchia ha lanciato dentro ai confini iracheni l’operazione “Artiglio di tigre” contro il Pkk, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, ma i suoi interventi militari colpiscono regolarmente famiglie disarmate e popolazioni civili. L’esercito turco ha attaccato la regione di Shengal, dove abitano le minoranze cristiane yazide che sono state perseguitate dallo Stato Islamico, il campo profughi di Mexmûr, dove vivono dodicimila rifugiati curdi e poi Qandil, Heftanîn, Xakurkê e altre regioni del Kurdistan meridionale. Ma i bombardamenti nella regione vanno avanti da anni e la Turchia ha stabilito oltre trenta basi militari dentro ai confini iracheni. A causa degli attacchi turchi, centinaia di villaggi sono stati evacuati e le famiglie curde hanno perso i loro cari. Giulia Bosetti ha raccolto le loro drammatiche testimonianze: “Quando la Turchia compra armi dall’Italia, ve lo dicono che bombarderanno civili indifesi come noi?”.

Nei video girati dagli abitanti dei villaggi di confine che PresaDiretta farà vedere nell’inchiesta, gli elicotteri turchi bombardano a poche centinaia di metri le case: “Il governo turco attacca continuamente i civili. Il loro target non è il Pkk: vogliono massacrare la popolazione curda”.

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