“Data la gravissima situazione esistente presso il nostro Pronto Soccorso, con completa saturazione di posti letto e anche di barelle, infatti vi sono 34 pazienti Covid in attesa di ricovero, circa l’80% sono ventilati e ve ne sono 3 per ogni stanza con allocati anche in corridoio, e non vi è più la possibilità di ventilare i pazienti in quanto non vi sono bocchettoni disponibili, si rende necessario uno stop agli accessi delle ambulanze del 118 per almeno 48 ore. Molti pazienti sono al limite di intubazione”. Alle 8.14 di sabato il dottor Guido Quaranta, responsabile del Pronto Soccorso dell’ospedale San Paolo di Bari, ha messo nero su bianco la “gravissima situazione” indirizzando la mail alla Centrale operativa del 118, alla direzione medica della sua struttura sanitaria e al dirigente medico, invitandoli a valutare anche il trasporto dei pazienti positivi negli ospedali No Covid, come il Di Venere di Bari.

Eccola, la situazione degli ospedali pugliesi sfiancati da una terza ondata che sta picchiando duro. “Drammatica”, la definiscono i sindacati dei medici. “Critica”, sottolineano dalla provincia di Lecce, dove ancora nei pronto soccorso la situazione non è arrivata alla saturazione ma resta poco spazio di manovra. E il dottor Antonio Amendola, presidente Aaroi-Emac Puglia, il sindacato degli anestesisti, definisce “realistica” la previsione di una settimana ancora più difficile delle due precedenti, già in grado di portare – tra il 7 e il 21 marzo – da 1.303 a 1.683 i ricoverati con sintomi e da 155 a 212 i positivi in terapia intensiva. Numeri che per Agenas rappresentano il 46% dei posti letto disponibili in area medica e il 37% nelle rianimazioni pugliesi, ben oltre le soglie critiche individuate dal governo durante la scorsa primavera.

L’onda d’urto si abbatte sui pronto soccorso, a Bari ma non solo visto che dal Dea del Vito Fazzi di Lecce alcuni pazienti sono stati spostati al Galateo della vicina San Cesario. Alle 11.30 di domenica mattina, al Policlinico di Bari risultavano in visita 71 pazienti, di cui 50 codici arancione e quattro rossi. Quarantott’ore prima, il direttore Vito Procacci, aveva inviato una comunicazione a medici, infermieri e ausiliari che aveva come oggetto la “sospensione dei congedi ordinari”. Laconico il suo messaggio: “Considerata la situazione di gravissima emergenza legata alla pandemia in corso, con il conseguente stato di sovraffollamento di pazienti Covid positivi, e l’attuazione del Piano di Massiccio Afflusso pazienti, questa direzione si vede costretta a procedere alla sospensione, con effetto immediato, dei congedi ordinari per tutti i dipendenti dell’Unità operativa complessa fino al ripristino di condizioni di normalità assistenziale e comunque per il mese di aprile 2021″, scrive Procacci motivando la decisione con la necessità di “assicurare standard sufficienti per la sicurezza di pazienti e operatori” e affidandosi alla comprensione della “difficile scelta” grazie al “senso etico” alla “abnegazione” degli operatori del suo Pronto Soccorso.

Per alleggerire il carico sulla prima linea del Policlinico, dopo la situazione di maxi-emergenza di domenica, sono stati effettuati dei trasferimenti di pazienti in osservazione nell’area Covid del reparto di Medicina interna. E fonti dell’ospedale barese più sotto pressione spiegano a Ilfattoquotidiano.it che in questi giorni la media è di 60 accessi Covid al giorno in Pronto Soccorso, alcuni dei quali hanno bisogno di ventilazione. “I Pronto Soccorso a Bari sono al collasso e il 118 ormai fronteggia una situazione devastante”, denuncia Nicola Gaballo, referente 118 della Federazione medici di medicina generale Puglia. “In un mondo ordinato, anche in tempi di emergenza – aggiunge – il 118 dovrebbe portare i pazienti in Pronto Soccorso per procedere all’accettazione e all’immediata liberazione dell’ambulanza per un nuovo intervento. In caso di mancanza di posti letto, come purtroppo sta avvenendo nei 3 ospedali di Bari, il nosocomio dovrebbe provvedere allo smistamento dei pazienti verso altre strutture regionali che hanno posti letto liberi”. A Bari “questo non sta accadendo: l’ambulanza arriva al pronto soccorso e, in mancanza di posti letto, attende che si liberi un posto. Il paziente rimane sulla barella dell’ambulanza. Se gli va bene viene ricoverato sulla barella del 118, che diventa un letto aggiuntivo di fortuna, in attesa che se ne liberi uno vero”, spiega Gaballo sottolineando che “alcune ambulanze sono rimaste ferme anche 48 ore, senza poter rispondere alle tante richieste di intervento che arrivano, non solo di pazienti Covid”. Tre giorni fa, dice ancora, “un’auto medica nel barese ha dovuto aspettare l’ambulanza per oltre 1 ora per un paziente con infarto in atto”, mentre “ci sono pazienti positivi al Covid e con insufficienza respiratoria che dopo 10 ore di attesa sulla barella dell’ambulanza fuori dal pronto soccorso chiedono di essere riportati a casa e rinunciano al ricovero.”

“A un anno di distanza dall’inizio della pandemia, la situazione è esattamente com’era a marzo del 2020, dal punto di vista organizzativo”, sottolinea Gaballo che prosegue: “Salvo che ora l’epidemia ci ha investito come un treno, i numeri fanno paura e la carenza di organizzazione si traduce in vite umane perse. A oggi manca un protocollo che definisca il trasferimento dei pazienti, in modo da liberare velocemente il 118 e consentirgli di prestare assistenza sul territorio”. Ritardi nell’organizzazione vengono denunciati anche dai sindacati di medici e anestesisti, in particolare per l’organizzazione dei 152 posti letto di sub-intensiva e intensiva nell’ospedale Covid costruito nella Fiera del Levante di Bari. L’area è stata requisita lo scorso 25 novembre e da quel momento è iniziato l’iter che ha portato all’apertura negli scorsi giorni. “Siamo stati consultati in ritardo per quanto riguarda l’organizzazione, affidata al Policlinico”, dice il presidente dell’Aaroi-Emac Puglia. Il numero uno del sindacato degli anestesisti sottolinea come la “via è ormai segnata”, non c’è più tempo di alcuna correzione ma l’hub nella Fiera sconta la “coperta corta” della “dotazione organica” di anestesisti negli ospedali pugliesi. “In estate la Regione ha lasciato ‘fuggire’ gli specializzandi alla scadenza delle loro borse e ora sono tutti impiegati in altre parti d’Italia, mentre a noi manca personale”. Mentre Antonio Mazzarella, coordinatore Funzione Pubblica Cgil Medici Puglia, lato sottolinea come la costruzione dell’ospedale in Fiera sia stato “pensato senza discutere del personale”, così dice, “ad oggi sono solo una trentina i posti occupati su 152 teorici”.

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