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Negli anni Settanta ci si vaccinava ovunque: che tempi. Ma lo ammetto: sono un ‘no roulotte’

Negli anni Settanta ci si vaccinava ovunque: che tempi. Ma lo ammetto: sono un ‘no roulotte’
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Anni Settanta, una roulotte parcheggiata nel cortile della scuola. Al suo interno due loschi individui, anzi losche. La prima: una tipa smunta, mora, coi capelli sporchi, un po’ di forfora che non guasta mai e con una faccia triste, ma così triste che se la incontrassi adesso le direi “Cosa c’è che non va?”, lei mi risponderebbe “No, niente” e qualche settimana dopo la vedrei protagonista della trasmissione satirica “Chi l’ha visto?” inseguita dai parenti che ne hanno denunciato l’inspiegabile scomparsa o sulla cima di Montovolo, prima di buttarsi giù dalla rupe senza lasciare un biglietto o un fax, come si usa tra suicidi. La seconda: il capo, anzi la capa, una donna brutta, in ciabatte con i capelli alla Napo Orso Capo, gli occhiali dalla montatura spessa di marca Raybandreotti, due spalle da scaricatore di porto e una voce cavernosa (quando raramente parlava) che sussurrava “Avanti, bambini”.

Erano le dottoresse, quelle che ci facevano il vaccino, l’Orco era roba da ridere. Avevamo paura di loro, sì, avevamo paura e penso che se adesso dovesse accadere una scena simile chiamerebbero i Nas, i Ros e pure il commissario Rex per arrestare queste donne che, in condizioni sanitarie ambigue, ci somministravano il vaccino antivaiolo e tutti ne uscivamo con il nostro tatuaggio, ovvero, quella “padella” indelebile che molte persone della mia età o più grandi di me mostrano con orgoglio. Negli anni a seguire, non mi sono mai ammalato di vaiolo e per questo devo ringraziare le due mostre, protagoniste di un’epoca nella quale ci si doveva vaccinare e zitti.

Inesistenti i no-vaccino, inesistenti mamme o papà che dicessero “No, mio figlio non vaccinatelo”: sarebbero stati presi per un orecchio, fatti inginocchiare sui ceci ardenti in Piazza Maggiore e il boia (chiamato appositamente da Vedrana) gli avrebbe gridato in faccia “Chi è che non volete vaccinare?“, mostrando loro una foto del figlio chiuso nella roulotte insieme alla smunta e alla dottoressa.

Erano anni terribili, va detto, mica come adesso che, grazie a Wikipedia, ci possiamo permettere di informarci, diventare esperti di tutto, manifestare il nostro dissenso e schierarci pro o contro qualcosa, non importa cosa. E così partono le guerre, carnivori contro vegetariani, gay contro lesbiche, etero contro gay e lesbiche, gattare contro punkabbestia, street artist contro Morgantini, vaccini contro no vaccini e così via. Il benessere ha un prezzo da pagare. Questo. Buona guerra.

Ps. Come avrete capito sono favorevole alle vaccinazioni – ma non dentro a una roulotte. Faccio coming out: sono un “no roulotte”. E adesso crocifiggetemi.

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