E adesso? Due giorni fa la Corte di giustizia europea ha sancito definitivamente l’errore della Commissione Ue nel vietare l’utilizzo all’Italia del Fondo interbancario per la tutela dei depositi (Fitd) per il salvataggio di banca Tercas del 2014. Margrethe Vestager, allora come oggi commissaria Ue ritenne, sbagliando, che si trattasse di aiuti di Stato. Da quel momento il fondo non è più stato impiegato nonostante i numerosi crac degli anni successivi, da banca Etruria alla Popolare Vicenza e Veneto Banca. Ora c’è chi si spinge ad ipotizzare ricorsi contro la Commissione Ue per ottenere un risarcimento dei danni causati dall’impossibilità di impiegare il Fondo in tutti questi salvataggi. Tra i sostenitori di un’azione contro Bruxelles c’è anche il presidente dell’Associazione bancaria italiana Antonio Patuelli che dalle pagine de Il Sole 24 Ore auspica “adeguati risarcimenti per risparmiatori e banche concorrenti”.

Renzi e Padoan troppo timidi – Quella dei risarcimenti sembra però una strada molto in salita e tutto sommato non così consigliabile da percorrere. Come spiega l’economista Salvatore Bragantini che è stato anche vice presidente della Popolare di Vicenza dopo la fallimentare gestione di Gianni Zonin, avrebbe poco senso adesso riportare indietro le lancette dell’orologio. Meglio guardare avanti e giocarsi questo “bonus” politico oltre che giuridico, in vista delle prossimi negoziazioni con Bruxelles a cominciare da quella su Mps. Secondo Bragantini l’infondatezza del veto della Commissione era piuttosto evidente da subito, i soldi che confluiscono nel Fondo sono privati e il fatto che debbano essere versati per legge sembra essere un appiglio davvero debole per sostenere la natura di aiuto pubblico. “A suo tempo il governo in carica, guidato da Matteo Renzi e con Pier Carlo Padoan all’Economia, avrebbe dovuto avere più determinazione e coraggio nel difendere la posizione italiana. Banca d’Italia, ricorda Bragantini, sarebbe probabilmente stata disposta a puntare i piedi ma l’Esecutivo fu troppo tiepido”. Questo in un periodo, concede l’economista, “in cui l’Italia era comunque già da tempo molto sulla difensiva nei confronti di Bruxelles”.

“Fu un fallimento di sistema” – Scettico sull’opportunità di una richiesta di risarcimenti è anche Luca Dezzani, avvocato esperto di contenziosi bancari che ha seguito anche i casi di banca Etruria e banca Marche. I motivi sono sia di natura politica sia più schiettamente giuridica. Dezzani sa per esperienza diretta che quelle contro le istituzioni sono cause particolarmente ostiche. Inoltre, spiega l’avvocato, un conto sarebbe valutare un risarcimento per la specifica vicenda Tercas-Popolare di Bari, altra cosa è dimostrare che l’utilizzo del Fitd avrebbe portato ad esiti diversi nei salvataggi bancari successivi, da Banca Etruria sino alle due venete o Mps. Dezzani ritiene tuttavia che la pronuncia della Corte europea possa però diventare un’arma in più in mano ai risparmiatori che non sono mai stati risarciti, con la motivazione che i titoli che avevano acquistato erano per loro natura ad alto rischio e comprandoli avrebbero dovuto esserne consapevoli. Una tesi sostenuta da banche e da Banca d’Italia che però, secondo Dezzani, spesso si scontra con la realtà dei fatti. “Quello a cui si abbiamo assistito è invece un fallimento di sistema, che questa ultima sentenza non fa altro che confermare. Non è giusto che il conto finale lo debbano sopportare risparmiatori, spesso del tutto incolpevoli”

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