La Commissione Europea ha commesso un “errore di diritto” nel considerare aiuto di Stato il salvataggio della Tercas avvenuto nel 2014 attraverso il Fondo Interbancario per la tutela dei depositi, alimentato dalle banche. La Corte di Giustizia dell’Ue ha dato nuovamente ragione all’Italia respingendo l’impugnazione proposta dalla Commissione “contro la sentenza del Tribunale relativa alle misure adottate da un consorzio di banche italiane a sostegno di uno dei suoi membri”. Per i giudici il Tribunale “ha correttamente dichiarato che tali misure non costituiscono aiuti di Stato in quanto non sono imputabili allo Stato italiano“. Quella decisione di Bruxelles ha però fatto giurisprudenza impedendo che Banca Etruria, CariFerrara, CariChieti e Banca Marche potessero a loro volta essere salvate nello stesso modo. Ora sia l’Abi sia il M5s chiedono al governo di attivarsi per ottenere il risarcimento di tutti i danni causati non solo dalla mancata ricapitalizzazione di Tercas ma anche da quella delle quattro banche poi “risolte” dal governo Renzi. Una possibilità, quella della richiesta dei danni, che già due anni fa, dopo la prima sentenza, l’allora ministro degli esteri Enzo Moavero aveva detto sarebbe stata valutata. La questione è però delicata anche politicamente, visto che Margrethe Vestager, che prese quella decisione, è ancora commissaria alla Concorrenza e ha in mano dossier importanti come quello che riguarda Alitalia.

“Ora i risparmiatori siano risarciti” – Gli europarlamentari del Movimento 5 Stelle Mario Furore e Chiara Gemma commentano in una nota che “il sistema bancario e i risparmiatori italiani hanno subìto pesanti ricadute e perdite. L’errore della Commissione, certificato oggi dalla sentenza della Corte Ue, è costato diversi miliardi di euro al nostro Paese. Adesso chi ripaga i risparmiatori italiani e, in particolare, quelli pugliesi?”. Mentre i senatori Pd della commissione banche per ora si limitano a “riflettere sull’esigenza di avviare una radicale riforma del sistema del risparmio, che deve essere tutelato come sancisce l’articolo 54 della Costituzione, a tutela delle economie territoriali, dei piccoli risparmiatori e delle imprese. Con lo stesso fine è evidente che dobbiamo ripensare anche ai risarcimenti per i cittadini”. Anche il presidente dell’Abi Antonio Patuelli invece chiede che “i risparmiatori e le banche concorrenti italiane vengano adeguatamente e tempestivamente risarcite per i gravi danni subiti”. E ricorda che l’intervento del Fondo interbancario su Tercas “fu solo il primo ad essere predisposto e bloccato dalla precedente Commissione che cosi bloccò conseguentemente anche i seguenti interventi preventivi per i salvataggi delle “quattro banche”” che furono poi risolte, ripulite dai crediti deteriorati e vendute (Etruria, Banca Marche e Carichieti a Ubi, Cariferrara a Bper). Per il presidente di Assopopolari, Corrado Sforza Fogliani, la decisione “ha un duplice valore, per il passato e per il futuro. Per il passato, dimostra che si è gravemente errato in questo particolare caso della Tercas, ma non solo”, mentre “per il futuro, insegna che la volontà di eliminare le banche di territorio – sostituendole con banche con sedi in Italia ma controllate da Fondi esteri – viene da lontano e persegue il fine del pensiero unico internazionale di eliminare la concorrenza ed avviare l’Italia, a passi sempre più grandi, verso l’oligopolio bancario”.

La Popolare di Bari affossata dall’acquisizione – Nel 2019 la Banca Popolare di Bari ha fatto richiesta di risarcimento danni a Bruxelles perché nel 2013 aveva manifestato interesse a sottoscrivere un aumento di capitale di Tercas, in amministrazione straordinaria dall’anno prima per irregolarità constatate dalla Banca d’Italia. Tra le condizioni c’era però la copertura da parte del Fondo Interbancario del deficit patrimoniale della Tercas. L’intervento del Fitd fu approvato da via Nazionale. Bruxelles aprì un’indagine approfondita e il 23 dicembre 2015 arrivò alla conclusione che le misure proposte costituivano un aiuto di Stato, cosa che la Corte Ue ha smentito per due volte, e ne ordinò il recupero. Il risultato fu una forte fuga di depositi. L’acquisizione di Tercas, con il suo carico di crediti deteriorati, avrebbe poi affossato l’istituto pugliese in seguito a sua volta salvato con soldi pubblici.

La sentenza della Corte Ue – La Corte ricorda “anzitutto, che, affinché determinati vantaggi possano essere qualificati come ‘aiuti’ ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, Tfue, da un lato essi devono essere concessi direttamente o indirettamente mediante risorse statali e dall’altro devono essere imputabili allo Stato. Per quanto concerne più specificamente l’imputabilità alle autorità italiane dell’intervento del Fitd a favore di Tercas, la Corte constata, poi, che il Tribunale non ha commesso errori dichiarando che gli indizi presentati dalla Commissione per dimostrare l’influenza delle autorità pubbliche italiane sul Fitd non permettono di imputare il suo intervento a favore di Tercas alle autorità italiane”.

Secondo la giurisprudenza infatti spetta alla Commissione dimostrare, sulla base di un insieme di indizi, che le misure in questione erano imputabili allo Stato. E la circostanza “che l’ente erogatore dell’aiuto abbia natura privata implica che gli indizi atti a dimostrare l’imputabilità della misura allo Stato sono diversi da quelli richiesti nell’ipotesi in cui l’ente erogatore dell’aiuto sia un’impresa pubblica”. E “l’assenza di un vincolo di capitale tra il Fidt e lo Stato è di sicura rilevanza”. La Corte chiarisce, inoltre, che “la sua giurisprudenza in merito alla nozione di ‘emanazione dello Stato’, che consente ai soggetti dell’ordinamento di invocare disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di direttive non recepite o non recepite correttamente nei confronti di organismi o enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato, non può essere estesa alla questione dell’imputabilità allo Stato di misure di aiuto ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, Tfue.

Inoltre, la Corte respinge l’argomento della Commissione sul rischio di elusione della normativa in materia di unione bancaria. La Commissione sosteneva a tale proposito che il rifiuto di imputare alle autorità statali l’intervento di un ente come il Fondo a favore di una banca a capitale privato comporterebbe un rischio di elusione dell’articolo 32 della direttiva del 2014 che prevede l’attivazione di una procedura di risoluzione nel caso in cui un ente creditizio necessiti di sostegno finanziario pubblico straordinario corrispondente a un aiuto di Stato.

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