Strillava contro i tempi minimi concessi da Roma per adeguarsi alle strette anti-Covid, adesso comunica la chiusura delle scuole in Lombardia con 12 ore di anticipo. Come già era accaduto pochi giorni fa con le zone passate in arancione scuro. Un anno dopo il caso di Alzano e Nembro, il presidente della Regione Attilio Fontana ha iniziato a firmare ordinanze e le decisioni hanno effetti repentini, provocando la reazione dei sindaci. L’ultimo è stato il dem Davide Galimberti, che di fronte allo scarso preavviso sullo stop alle scuole, chiuse dal 5 marzo, ha sottolineato come fosse “percepibile da giorni” che la situazione stesse peggiorando: “Non si fa così, non ci si può sognare di dire alle 12 di oggi che da domani la vita di milioni di cittadini cambia repentinamente e si paralizza un sistema – osserva su Facebook il sindaco di Varese – L’emergenza sanitaria non si sottovaluta. Mai. Non possiamo però trattare così i cittadini che devono organizzarsi”. E il Pd regionale si chiede se l’ordinanza con “furbizia” non anticipi “le contromosse del Comitato tecnico scientifico di domani”.

La situazione in Lombardia è preoccupante e l’intenzione del Pirellone è raffreddare la curva epidemiologica prima che la situazione precipiti anche a Milano, rischiando di fare collassare il sistema sanitario. Eppure quando il governo si è ritrovato a prendere decisioni difficili comunicate con poco anticipo, Fontana e la Lega, che ora avvertono l’urgenza di stringere, sono spesso stati in prima fila nella protesta per le tempistiche. L’ultima volta è accaduto appena tre settimane fa, quando il ministro della Salute Roberto Speranza, sulla base di un parere del Cts di neanche 48 ore prima e in pieno cambio di guardia del governo, ha prorogato la chiusura degli impianti di sci a poche ore dalla riapertura. “Una decisione dell’ultimo secondo che dà un ulteriore colpo gravissimo a un settore che stava faticosamente riavviando la propria macchina organizzativa”, fu la reazione del presidente della Regione Lombardia. “Ancora una volta – aggiunse – si dimostra che il sistema delle decisioni di ‘settimana in settimana’ è devastante sia per gli operatori, sia per i cittadini”.

Il giorno seguente, spalleggiato dal ministro leghista Massimo Garavaglia, aveva rincarato la dose: “Il nuovo governo dovrà rimettere mano ai tempi e alle modalità con cui si determinano i cambiamenti di colore e le possibilità di aperture e chiusure perché così è un po’ troppo schizofrenico e non va nella direzione di contrastare efficacemente l’epidemia”, spiegava Fontana che pochi giorni dopo si è poi ritrovato a firmare una serie di ordinanze per i comuni lombardi. Mentre nel giorno di San Valentino il consigliere di Speranza, Walter Ricciardi, veniva definito da Matteo Salvini uno che “terrorizzava”, martedì 16 ha spedito in zona rossa per Bollate, Viggiù, Mede e Castrezzato a partire da mercoledì 17. Il 23 febbraio ha ordinato la zona arancione per l’area del Bresciano con neanche mezza giornata di anticipo. Meno di 48 ore, dopo la prima protesta dei sindaci, sono state invece concesse a Cremona e alla provincia di Como l’1 marzo. Fino alla decisione di oggi di uniformare le misure in tutta la Lombardia, annunciata a mezzogiorno ed esecutiva da domani, 5 marzo.

E pensare che lo scorso 5 novembre, intervenendo a 7 Gold, Salvini si era espresso in questi termini nei confronti del governo Conte 2: “Non è accettabile, non è dignitoso, non è giusto – aveva esordito Salvini nella telefonata – aspettare il presidente del Consiglio in televisione alle 8.30 del mercoledì sera, senza preavviso, per dire a milioni di italiani cosa succede il venerdì mattina”. Di fronte all’interventismo del suo governatore non si sono registrate reazioni sdegnate del leader, impegnato nella caccia ai vaccini fuori dall’Unione Europea. Un’altra “inversione a U” per Salvini e Fontana, che il 23 febbraio si trovavano d’accordo sulla riapertura serale dei ristoranti: “Non c’è nulla di male se si rispettano le regole e tutte le linee di condotta”.

Meglio dare “un po’ di libertà controllata che regole rigide che vengono violate senza che nessuno intervenga”, diceva il presidente della Lombardia alla vigilia della nuova rincorsa all’avanzare drammatico di Sars-Cov-2 in regione. Un po’ come quando, poco prima di Natale, di fronte all’intenzione del governo di inasprire il decreto che avrebbe regolato le festività, firmò insieme a Salvini e agli altri presidenti leghisti una nota congiunta: “Impensabile immaginare in queste ore una chiusura a partire dal prossimo weekend, senza programmazione e senza la certezza di un piano definito per i rimborsi e una programmazione seria”.

IL DISOBBEDIENTE

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