Il tribunale di Roma ha condannato l’ex direttore generale di banca Tercas, Antonio Di Matteo, a 4 anni e 7 mesi per bancarotta preferenziale nell’ambito del processo sul crac della Cassa di Risparmio di Teramo. Condannato inoltre a 3 anni e dieci mesi l’imprenditore Raffaele Di Mario: l’indagine su Tercas aveva preso le mosse dal crac del suo gruppo Dimafin. I giudici della Nona sezione penale di Roma hanno fatto cadere l’accusa di associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità e hanno assolto altri 10 imputati, tra cui l’avvocato Giampiero Samorì, già esponente di Forza Italia e fondatore del movimento Mir, disponendo la restituzione dei beni che erano stati sequestrati.

I rinvii a giudizio erano arrivati nel 2015, quando il gup aveva deciso contestualmente il proscioglimento dell’imprenditore Antonio Sarni e della banca Tercas, quest’ultima per insussistenza dei fatti contestati dopo che era stata citata in base alla legge 231. I reati contestati dalla Procura capitolina andavano dall’associazione per delinquere aggravata dalla transnazionalità all’appropriazione indebita nonché ostacolo all’autorità di vigilanza.

Tercas era stata commissariata nel 2012 da Bankitalia e il primo ottobre 2014 è stata acquistata dalla Banca Popolare di Bari con il contributo del Fondo interbancario, operazione che avrebbe affossato l’istituto pugliese poi salvato con soldi pubblici (il piano industriale prevede perdite per altri due anni).

Di Matteo si è detto soddisfatto per l’assoluzione dall’accusa di avere “cagionato quello che la stampa ha definito il crac Tercas che secondo l’accusa sarebbe avvenuto mediante erogazione di finanziamenti ad alcuni clienti senza merito creditizio e mediante erronee valutazioni a bilancio di alcune poste”. Su questo punto “è stata smentita la tesi della Procura e della Banca d’Italia. Tutto ciò deve indurre alla rilettura della storia di Tercas dal commissariamento in poi, soprattutto, con riferimento alle svalutazioni di bilancio che hanno consentito che l’istituto di credito venisse acquisita da Banca Popolare di Bari senza corrispettivo“. La condanna a quattro anni e sette mesi è riferita invece “a presunti pagamenti preferenziali posti in essere da una società del ‘gruppo Di Mario’ a favore di una banca di San Marino, nonché a una presunta ipotesi di riciclaggio relativa a fatti completamente estranei a Tercas. Attendo ora le motivazioni della sentenza, fiducioso di una soluzione da tutte le accuse in secondo grado”.

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